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Sabato senza scuola
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1992
20 marzo 1992
124 p.
9788839700032

Voce della critica


recensione di Gardoncini, B., L'Indice 1986, n.10

Nel settembre del 1984 gli ascoltatori del Giornale Radio 1 della Rai furono chiamati a partecipare a un referendum telefonico sulla settimana corta a scuola. L'iniziativa fu preceduta e accompagnata da tutta una serie di interventi giornalistici sul tema, che in quei giorni era al centro dell'attenzione generale e di lì a poco sarebbe anche stato oggetto di una proposta di legge di iniziativa parlamentare. Questa proposta prevedeva tra l'altro che il tempo scolastico perso nella mattinata di sabato fosse recuperato nell'arco della settimana, e che contemporaneamente la durata dell'ora di lezione fosse ridotta a cinquanta minuti effettivi.
Per due giorni, il 18 e il 19 settembre, gli ascoltatori ebbero a disposizione dalle ore 8 del mattino alle 8 di sera cinque linee telefoniche della Rai per dire sì o no al sabato senza scuola. Risposero in 3500, e sulle loro risposte i giornalisti del Gr 1 Dario Laruffa e Antonio Leone hanno costruito questo agile volumetto, interessante non soltanto per l'argomento, tornato un po' nell'ombra dopo le accanite discussioni di quei giorni, ma anche per quello che rivela sul mezzo radiofonico e sulle sue grandi e troppo spesso non utilizzate potenzialità.
Ma andiamo con ordine. Delle 3500 telefonate, ben 2.937, l'84% del totale, risultarono a favore del sabato senza scuola per studenti ed insegnanti. Il referendum, però, non si fermava qui. Poiché a chi telefonava venivano richiesti anche dati anagrafici, occupazione e motivi della scelta, fu possibile costruire una serie di tabelle che prendevano in considerazione tutti questi elementi, ricavando una sorta di identikit dei partecipanti. Senza entrare nei dettagli - che invece il libro fornisce con lodevole chiarezza espositiva - si può dire con gli autori che si trattava in maggioranza di donne, impiegate, romane, giovani ma non giovanissime, sposate con figli in età scolare e con il marito impiegato, desiderose di avere il sabato libero perché i tempi delle famiglie ne avrebbero tratto giovamento. Tra i contrari al sabato libero, invece, la motivazione più comune non riguardava gli impegni di lavoro dei genitori, con le conseguenti difficoltà di gestione dei figli, ma le preoccupazioni sulla serietà degli studi, compromessi da una contrazione dell'orario malamente mascherata dalle ore ridotte a 50 minuti.
Dei limiti scientifici dell'iniziativa del Gr 1 Laruffa e Leone son ben consci. Per dirne una, la partecipazione al referendum era volontaria e costosa, almeno per chi chiamava in teleselezione, e quindi escludeva a priori la grande e variegata categoria degli indifferenti. Molto opportunamente, dunque, il libro propone un confronto tra i risultati del referendum e una indagine condotta con criteri statistici corretti dalla Demoskopea su un campione di 2000 persone in 146 comuni italiani. I punti di contatto non mancano. Ma la percentuale dei favorevoli all'innovazione cala al 50.4%, contro un 35,1% di contrari e un 14,4% di indifferenti, mentre relazioni importanti ipotizzate dagli organizzatori del referendum, ma non provate dalle telefonate raccolte, risultano messe in luce con grande evidenza. È il caso ad esempio, della relazione positiva tra la condizione socioeconomica e l'assenso al sabato senza scuola. Vogliono i figli a casa -secondo Demoskopea - soprattutto gli abitanti del nord con un livello di reddito
tale da rendere credibile l'ipotesi di un week-end di due giorni.
È su questa ricca base di dati, piuttosto insolita per un testo che si occupa del mondo della scuola, che si dipanano le successive argomentazioni di Laruffa e Leone. La seconda sezione del volume è infatti dedicata al più generale ripensamento in atto sui tempi della scuola, di cui il dibattito sulla settimana corta è stato parte non piccola. La terza, l'"Italia degli esperti", recupera le interviste radiofoniche che accompagnarono nel 1984 il lancio del referendum, partendo dal deputato democristiano Clemente Mastella, primo firmatario della proposta di legge per il sabato senza scuola, per arrivare ai sindacati degli insegnanti. La quarta, "Tempi di scuola", confronta i tempi della scuola italiana con quelle estere. La quinta, un'appendice, raccoglie proposte, norme e disegni di legge sull'argomento, lasciando per altro fuori - ed è un peccato - le novità di calendario decise all'inizio dell'anno scolastico in corso. Fin qui il contenuto per così dire esplicito del libro. Ma c'è anche, e non è meno interessante, un contenuto implicito, che nasce dal suo essere un puntuale resoconto di una iniziativa giornalistica radiofonica di successo. Ora, è noto a tutti che negli attuali assetti della radiotelevisione pubblica italiana il giornalismo radiofonico è un parente povero, sacrificato in uomini e mezzi a vantaggio della onnipresente Tv. Davanti ai giornali radio della fascia mattutina, ultimi bastioni di un mezzo prima senza concorrenti, stanno profilandosi proprio in questi giorni le armate della televisione del mattino, avida di spettatori e di pubblicità.
Tuttavia, l'esito dello scontro può non essere segnato. La sopravvivenza della radio come strumento informativo autonomo è possibile, a patto che essa sappia sfruttare le sue caratteristiche essenziali, che sono l'agilità, la tempestività, la capacità di mettere in collegamento più persone contemporaneamente e su un piano di perfetta parità. Per fare una diretta radiofonica basta un qualsiasi telefono, e centinaia di ascoltatori ogni giorno approfittano di questa possibilità conversando senza problemi con i conduttori delle trasmissioni sui più svariati argomenti. Nel caso del referendum sul sabato senza scuola il dialogo non è avvenuto in diretta, ma il principio era lo stesso, e proprio il coinvolgimento dell'ascoltatore con mezzi semplici ed immediati è stato alla base del successo, testimoniato dalle 3500 telefonate raccolte in due giorni.
Tutto bello e tutto facile, dunque? Non proprio. Ci sono anche i rischi, primo tra tutti quello di una autolimitazione nella scelta degli argomenti che a volte può essere necessaria per non cadere nella più bieca demagogia, ma spesso nasce da un non confessato timore di disturbare i manovratori. Il sabato senza scuola era nel settembre del 1984 un tema molto sentito, e il Gr 1 lo ha indubbiamente affrontato con competenza e professionalità. Ma su tanti altri problemi importanti dell'Italia di questi anni non c'è stato nessun referendum, n‚ del Gr 1 n‚ di altre testate del settore pubblico, mentre le passerelle dei segretari di partito e dei loro portaborse non ci sono mai mancate.

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