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scheda di Bianchetti, C. L'Indice del 2000, n. 09
Sulla capacità di farsi comprendere con i termini di un linguaggio solo apparentemente semplice, in realtà rigorosamente sorvegliato, ha inizio il lungo studio di Wolfgang Pehnt sull'architetto tedesco Rudolf Schwarz. Una figura non facile. Sicuramente di alto profilo, cattolico, conservatore, pur non essendo mai iscritto al partito nazionalsocialista, si fa assertore di posizioni che oggi paiono perlomeno imbarazzanti (ad esempio sulla segregazione della manodopera immigrata). Riconosciuto alla fine della guerra come uno dei pochi progettisti non corrotti del Reich, avrà un grande successo professionale e culturale già dal 1946. Schwarz amava dirsi costruttore, anche per uscire dallo stereotipo del progettista di chiese che, a ragione, gli pareva troppo stretto (nonostante i tre quinti dei suoi incarichi gli provenissero dal settore ecclesiastico), ha progettato case ed edifici pubblici, ha scritto importanti libri sull'architettura ed è stato un duro polemista (celebre la rissa sul Bauhaus del 1953). Inoltre ha lavorato molto nel campo dell'urbanistica: il piano di Colonia del 1947 è stato forse l'incarico più prestigioso; si trattava di far ritornare in vita quello che era ormai "il più grande cumulo di macerie del mondo". Il libro, celebrativo come forse l'occasione del centenario della nascita suggeriva, non scioglie tutte le curiosità attorno a una figura e a un pensiero profondi, ma offre la possibilità di conoscerli meglio e di provare a guardare alcuni grandi temi (l'edificio ecclesiastico, lo sciogliersi dell'opposizione città/campagna, le matrici organiciste dell'urbanistica, per citarne solo alcuni) dall'angolazione inusuale del pensiero cattolico conservatore.
(C.B.)
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