Rommel. Fine di una leggenda

Finalmente un libro che cerca di fare un po' di luce sul mito di Rommel, lungamente propinatoci dalla propaganda, sia tedesca che inglese. Il figlio e la vedova di Rommel hanno avuto e hanno l'accesso privato alle carte del feldmaresciallo per cui ogni saggio dagli anni '50 in poi risente di questo fatto, ossia che avere gli accessi a tali documenti, i vari saggisti hanno dovuto sottostare a quanto la vedova Rommel diceva loro. Ossia, "siate magnanimi di elogi a mio marito". Le biografie da Young a Fraser risentono di questo fatto, e i loro libri tendono a incensare piuttosto che a rilevare i limiti della condotta strategica e logistica di Rommel, che furono innumerevoli, e tendono a minimizzare i rapporti tra Rommel e il nazismo, che furono in realtà ben forti. Reuth finalmente dà una lettura diversa che cerca di sgombrare il campo dalla solita retorica vuota del generale integerrimo, antinazista e infallibile, descrivendolo per quello che fu: un uomo pieno di contraddizioni, geniale per certi versi, incapace per altri, e ben invischiato nel nazismo. Sono cose che a chi è cresciuto con i documentari di Bisiach e leggendo Eroica non andranno giù, ma bisogna andare avanti, e il libro di Reuth è il primo passo.

Rommel non si è suicidato di sua spontanea volontà. È stato costretto a suicidarsi per salvare la propria famiglia. Libro pessimo