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Romeo e Giulietta nel villaggio. Testo tedesco a fronte - Gottfried Keller - copertina
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Descrizione


E' in una Svizzera omerica, in paesaggi di grandiosità calma e solenne, che si compie il destino tragico dei due giovani innamorati, vittime dell'avidità dei padri e storditi dalle dissonanze del mondo. In un pallido mattino d'autunno, consumato l'amore su un barcone alla deriva, si lasciano cadere, tenendosi strettamente abbracciati, nelle fredde acque di un fiume. L'opera di Keller venne pubblicata per la prima volta nel 1856.
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Dettagli

2001
1 gennaio 2001
248 p.
9788831768924

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Greta
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Madonna santa (mi sono detta a fine libro) ed ora come commento sta novella??? 1 - Faccio solo alcune osservazioni su un libro che ho letto in mezz'ora e che ho trovato molto bello e pieno di spunti sul vivere in generale e su quello dei personaggi in particolare. 2 - Scopro oggi, grazie a internet, che queto autore è FAMOSISSIMOOOOO e osannato quanto basta da chi non è ignorante come me (voce del verbo ignorare, cioè non prendere in considerazione o non conoscere). 3 - E' scritto in modo scorrevole e piacevole, davvero avevo il terrore di trovarmi davanti un mattone svizzero con tanto di morale bacchettona e scritto da un tizio che ha avuto una vita infelice e che forse si sentiva in dovere di farla pagare al lettore.... Invece no: Keller ci dona un gioiellino che tocca anche i cuori più cinici e che ci mette davanti all'eterno conflitto delle colpe dei padri riversate sui figli. Questi due ragazzi si trovano innamorati ma divisi da una vecchia lite che coinvolge le rispettive famiglie. Abbiamo due cose davanti: La meschinità dell'animo umano davanti all'avidità del possesso, che non varia mai, sia che si tratti di un terreno o di un trono. E l'innocenza e l'onestà del primo amore, che vive solo di di se stesso, emarginando il marcio, o cercando di emarginarlo, come fanno i due protagonisti nel gesto estremo. E naturalmente poi ci sono le convenzioni sociali e il solito rispetto delle leggi morali in cui tutti viviamo ma che sinceramente poco riconosciamo.

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Voce della critica

KELLER, GOTTFRIED, Romeo e Giulietta nel villaggio, SE Studio Editoriale, 1992
KELLER, GOTTFRIED, Romeo e Giulietta nel villaggio, Marsilio, 1992
KELLER, GOTTFRIED, Enrico il Verde, Einaudi, 1992
recensione di Cerrato, O., L'Indice 1993, n. 2

Il "classico della democrazia" o "un Kant piccolo borghese travestito da poeta"? Nella vita e nell'opera di Gottfried Keller (Zurigo, 1819-1890) sono stati visti entrambi gli aspetti. La riedizione italiana dei suoi due capolavori - il romanzo "Enrico il Verde" e la novella "Romeo e Giuletta nel villaggio" - ci dà la possibilità di tornare a riflettere su questo interrogativo. La storia di Enrico, che nasce nella mente dell'autore come "un piccolo romanzo triste sulla carriera, tragicamente interrotta, di un giovane artista", coincide in parte con la vita dell'autore. Come lui, Enrico Lee, proveniente da una famiglia della piccola borghesia svizzera e rimasto presto orfano di padre, sente la vocazione all'arte: si reca dunque a Monaco, dove trascorre alcuni anni da tormentato 'bohémien', fino a ridursi in completa miseria e decidere quindi di tornare in patria e impegnarsi in modo attivo nella società. Ma questo non gli sarà concesso dalla severa morale dell'autore: poiché ha abbandonato la madre, costringendola a morire di stenti, per inseguire la chimera dell'arte, non sarà neppure in grado "di svolgere un'azione efficace nella vita civile" e dovrà seguire la madre nella tomba. La maturità e la quindicennale attività pubblica porteranno l'autore a modificare tale rigida coerenza, così che nella seconda edizione (adottata da Einaudi) Enrico potrà sopravvivere e redimersi lavorando per la società.
Sulle due differenti stesure del romanzo le opinioni della critica sono discordi. Indubbiamente la prima edizione, che presenta il vantaggio di una maggiore autenticità di motivi e di stile, è caratterizzata dalla mancanza di una struttura unitaria (la storia della giovinezza dell'autore, ad esempio, vi è inserita come lunga digressione, mentre poi lo stile autobiografico verrà esteso a tutto il romanzo); inoltre sono evidenti concessioni al gusto romantico e soggettivo del romanzo dell'artista, di cui invece l'edizione definitiva rappresenta "il grande contraltare epico", come sottolinea Herbert Marcuse nel lucido saggio posto a introduzione della traduzione italiana. Anche Luk cs sostiene la seconda stesura, in cui vede finalmente il vero "romanzo di educazione" di modello goethiano, poiché - abbandonata l'angusta alternativa tra la morte e il matrimonio - il protagonista interiorizza la tragedia e la supera grazie all'inserimento nella comunità. Con ragione Luk cs rileva pur nella tragicità della vicenda un ottimismo di fondo, derivante dall'armonia tra individuo e società, che andrà perduta nell'età moderna.
Questa rasserenante certezza possiede in Keller tratti ingenuamente utopistici, che affondano nella fiducia riposta dall'autore nel sano equilibrio della sua Svizzera, ritenuta in grado di difendersi dalla "muffa nociva" della modernità. Sbaglia però chi vede in lui lo svizzero ottuso e campanilista, rigidamente chiuso agli influssi stranieri: al contrario, il soggiorno di Enrico in Germania, che culmina nell'incontro con la liberale democrazia del conte tedesco, e per suo tramite con la filosofia immanente di Feuerbach, responsabile della conversione all'ateismo del giovane, sono motivi centralissimi nello svolgimento del romanzo, di cui costituiscono anzi la base teorica. Altrettanto ingiustificata mi pare l'accusa mossa da Leo Löwenthal, che vede nella morale del romanzo (in particolare nella seconda versione) l'educazione alla rinuncia, all'adattamento alla borghesia, ad una visione del mondo ordinata e conservatrice. A mio parere, la rinuncia al matrimonio (e dunque a "quella che il mondo chiama felicità") cui assistiamo nell'episodio finale, non fa che suggellare la sovrana libertà del protagonista e della sua armonia con la "voce stessa della natura".
Incapaci di rinunciare alla felicità, perché vittime innocenti di colpe altrui, sono invece i protagonisti della splendida novella "Romeo e Giulietta nel villaggio". Al titolo di memoria sbakespeariana l'autore è condotto dalla notizia, letta sul giornale, del suicidio di due giovani innamorati, figli di contadini che, a causa di una lite per il possesso di un campo, si sono distrutti a vicenda, sprofondando le rispettive famiglie nella condizione più miserabile. Così Keller attualizza una delle "belle storie su cui sono costruite le grandi opere di poesia", e con attento realismo sovrappone alla tragedia d'amore la "cupa tragedia borghese" del suo tempo, alimentata dal germoglio del capitalismo che interviene a sconvolgere l'idillio campestre con cui si apre il racconto.
Come giustamente nota la traduttrice Anna Rosa Azzone Zweifel, nell'accurata ed esauriente introduzione all'edizione Marsilio, i giovani protagonisti sono lacerati dalla contrapposizione tra la sfera della "cultura", rappresentata dal mondo stanziale dei contadini, e quella della "natura", ossia il mondo selvaggio del violinista e degli altri "senzacasa", che con il loro stile di vita allegro e libero da norme morali attraggono e insieme respingono i due ragazzi. Questi celebreranno infatti le loro nozze senza "n‚ parroco n‚ denaro n‚ documenti", ma sentiranno poi di dover rifiutare quel mondo troppo disordinato e volgare per la purezza dei loro sentimenti. Il loro conflitto, che è anche dell'autore, appare senza soluzione: "Ci resta una sola cosa da fare, Vrenchen, celebriamo ora le nostre nozze e poi lasciamo questo mondo. Laggiù c'è il fiume, con le sue acque profonde. Là nessuno ci potrà separare e saremo uniti -, per molto o per poco, non ha più importanza" dice il novello Romeo alla sua amata.
La purezza classica di questa tragedia, descritta con ineffabile dolcezza, possiede una forza assai superiore ad entrambe le chiuse del romanzo; la perfezione dell'immagine conclusiva, con la sagoma scura del barcone che si staglia nell'aurora di un gelido mattino autunnale, dalla quale scivolano giù, strettamente abbracciate, le due pallide figure degli innamorati, resta inimitabile. Il commento conclusivo dell'autore, che riporta l'ipotesi dei giornali "che i due giovani si fossero appropriati della barca per consumarvi le loro nozze empie e disperate, segno, ancora una volta, della dilagante immoralità e del degenerare delle passioni", riconduce il lettore alla realtà del tempo, esprimendo un giudizio severamente ironico sulla cosiddetta "morale" dominante, fornendo così la più chiara risposta a quanti lo accusano di "regressione borghese".
Lo stesso racconto è stato ristampato senza testo a fronte nella vecchia ma sempre valida traduzione di Lavinia Mazzucchetti, con l'aggiunta di una pagina di Robert Walser e di una postfazione di Karl Wagner, scritta appositamente per questa edizione.

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Conosci l'autore

Gottfried Keller

(Zurigo 1819-90) scrittore svizzero di lingua tedesca. Rimasto orfano a cinque anni, ebbe un’infanzia difficile e non poté compiere studi regolari. Dedicatosi alla pittura, nel 1840 si recò a Monaco per frequentare l’Accademia di Belle arti. Tornato a Zurigo, prese parte alle lotte politiche fra i vari cantoni, schierandosi contro i conservatori di Lucerna. In quegli stessi anni iniziò l’attività letteraria, scrivendo soprattutto poesie di tono patriottico. Grazie a una borsa di studio, poté recarsi a Heidelberg, dove seguì i corsi di Feuerbach, e poi a Berlino (1850-55). Verso il 1854 cominciò un periodo di intensa creazione. Dal 1861 K. poté finalmente contare su un impiego fisso, come segretario cantonale; dal 1876, lasciato il posto, si dedicò esclusivamente alla stesura delle sue opere.Il...

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