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Anno edizione: 2020
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Tommaso Campanella. Tra utopia e finta follia (Gazzetta di Parma, 1997) DANTE MAFFIA Il romanzo di Tommaso Campanella Siamo tra il sedicesimo e il diciassettesimo secolo. L’Italia del Rinascimento è ancora nascosta, qua e là qualche traccia, qualche sospetto, qualche elemento di apertura. Campanella nasce a Stilo, in Calabria, nella terra più arida e desolata di quel secolo. Miseria, fame, tormenti e sfruttamenti spagnoli lasciano ben poco di quell’isola feconda della Magna Grecia. E la sua storia viene raccontata oggi ne Il romanzo di Tommaso Campanella di Dante Maffìa (Spirali). Con tante storie e pochi libri, Giandomenico incominca la sua avventura. Ricorda ciascun particolare, osserva ciascun dettaglio, si domanda se proprio loro, Catarinella e Geronimo, l’abbiano messo al mondo. È semplice, sotto le finestre della scuola, a lui interdetta, imparare a leggere e a scrivere. Ricordare le storie della Bibbia, le prediche ascoltate in chiesa, le lezioni di greco e latino. Da dove viene questo ragazzo, discolo, dispettoso, eppure generoso, intelligente, dotato di prodigiosa memoria? È vero che il diavolo si annida nel dito mignolo della sua mano? O è forse Dio che manifesta tutta la sua onnipotenza e la sua bontà in questo bambinotto piccolo e tarchiato? A tredici anni entra in convento nell’Ordine dei Domenicani. Si aspetta di trovare degli interlocutori alla sua portata, ma la questione rimane sempre quella. Tanti libri, in convento, e storie comuni, squallide, aride. Pettegolezzi e invidie, calunnie e disdicenze. Molti libri proibiti, e tante notti insonni popolate da incubi, nello scenario di enormi biblioteche minacciate dal fuoco. Tommaso è inquieto. La sua curiosità è inarrestabile, la sua solitudine incolmabile. Nessuna apertura, nessuno spiraglio di parola, nessuna conversazione che non risulti poi rivoluzionaria, eretica, violenta. Da un convento all’altro, fino alla fuga. Fino all’università di Padova dove studia medicina e arti magiche, astrologia, fisica, filosofia. Fino all’arr
Recensioni
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scheda di Siani, C., L'Indice 1997, n. 4
Non al suo esordio ma alla sua prima prova narrativa di grande respiro, Maffìa si è scelto un modo semplice e complesso allo stesso tempo, che potrebbe essere circoscritto da etichette di genere quali biografia, biografia romanzata, romanzo storico. "Biografia" perché costruita su una base di eventi reali accaduti al filosofo e poeta calabrese, "romanzata / romanzo" sia perché narrata in forma di racconto sia perché parzialmente arricchita di fantasia (nei dettagli ma non negli episodi essenziali della vita), "storico" perché la storia fa da sfondo alla Calabria e all'intero Sud sotto la dominazione spagnola tra Cinquecento e Seicento. Del resto, nessuna di tali designazioni soddisfa. L'autore non voleva solo biografare o romanzare o storicizzare, ma restituire un ritratto interiore e umano a tutto tondo. Da questo nodo di intenti e tecniche, per il quale si spiega il titolo, emerge in effetti la personalità straordinaria di Tommaso Campanella: il bambino prodigio dall'eccezionale potere di apprendimento, il giovane domenicano che sbalordisce e impaurisce i confratelli per cultura sterminata e atteggiamenti eterodossi, l'adulto che riflette sulle condizioni miserrime della propria terra e vagheggia un'utopica rivoluzione sociale, il vecchio rotto da decenni di carcere e accolto alla corte di Francia. Una voluta linearità è la caratteristica di Maffìa. L'unico artificio lampante è un vasto flashback, che costituisce poi il racconto biografico, aperto e chiuso con Campanella vecchio a Parigi, a colloquio con Luigi XIII o insegnante alla Sorbona. Il dettato è piano, veloce, fattuale anche nei momenti dottrinari o meditativi. È merito di Maffìa (e lo sottolinea Norberto Bobbio nella nota in quarta di copertina) aver saputo sciogliere in parole evidenti il bagaglio di conoscenze che gli deriva da una lunga frequentazione campanelliana. Calabrese anche lui, e noto come poeta italiano e dialettale ("I rùspe cannarùte", All'Insegna del Pesce d'Oro, 1995; cfr. "L'Indice", 1995, n. 9), Maffìa tiene a bada la tentazione lirica, e traveste quella delle proprie radici attribuendo alla vita di Tommaso ricordi della propria infanzia. Affiora qui una non secondaria dimensione meridionalistica. Certi tratti, certa miseria del Sud secentesco veicolati dalla ricostruzione di Maffìa sono ancora una condizione novecentesca, non scomparsa dalla vivente memoria di molti della generazione di mezzo. Se poi volessimo prendere questo singolo libro a spia di tendenze, preferenze e stato del romanzo in Italia, dovremmo dire che qui abbiamo un ritorno al racconto e alle storie, all'interesse per il fatto in sé rispetto alla manipolazione verbale, e rispetto anche all'esposizione dei sentimenti e del "cuore" che sembra incontrar fortuna.
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