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Anno edizione: 2009
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Un percorso alla ricerca delle origini della città eterna e del legame che ci lega ancora ai primi Romani. E' il succo della proposta che Andrea Carandini, docente di archeologia e storia dell'arte greca e romana, avanza in queste pagine ricche di fascino, storia e leggenda. Il discorso inizia da un passo di Sigmund Freud, "perché coglie l'essenza più profonda di Roma, una città assimilabile a una mente, da cui emergono lembi di memoria che le emozioni legano ad altri ricordi, di altra epoca: una storia intricata al punto da apparirci, almeno in un primo momento, come un coacervo insondabile". Sorprende, infatti, l'accostamento che Freud opera tra l'atemporalità dell'inconscio e Roma: in entrambi sono compresenti rovine immani e costruzioni modeste delle epoche più varie, che formano una realtà pluristratificata. Anche nella città, distruzioni a parte, la conservazione del passato è la regola: "viviamo dunque scrive Carandini - sopra metri di memoria accumulata, sebbene invisibile sotto cementi e asfalti, che hanno condizionato, letteralmente dal basso, quanto ancora oggi sta in piedi, e quindi la nostra vita urbana".
Il libro ci invita a pensare il futuro attraverso la memoria del passato, che non è solo un residuo che permane, ma viene continuamente riprogettato da ogni presente. Così la stratificazione urbana archiviata sotto i nostri piedi è un accumulo di dati che prendono significato nella ricostruzione dell'archeologo. "Gli storici ci insegnano che la Roma più antica fu la Roma quadrata, un insediamento cintato sul Palatino... Domandiamoci che cosa si possa trovare ancora nella Roma odierna di tali stati precedenti..." Degli edifici inclusi un tempo in quest'antica cornice non si troverà nulla, o soltanto scarsi resti. Ciò che oggi occupa questi luoghi sono rovine: non quelle degli stessi edifici, ma quelle di loro rifacimenti posteriori, dopo incendi e distruzioni. L'autore prova a fare un esperimento: pensare a Roma come a un'entità in cui nulla di ciò che un tempo ha acquistato esistenza è scomparso, in cui accanto alla più recente fase di sviluppo continuano a sussistere tutte le fasi precedenti. Ciò significherebbe quindi che sul Palatino i palazzi dei Cesari e il Septizonium di Settimio Severo si ergerebbero ancora nella loro antica imponenza, che Castel Sant'Angelo porterebbe ancora sulla sua sommità le belle statue di cui fu adorno fino all'assedio dei Goti e che, dove ora sorge il Colosseo, potremmo ammirare la scomparsa domus Aurea di Nerone. E, a evocare l'una o l'altra veduta, basterebbe forse soltanto un cambiamento della direzione dello sguardo, o del punto di vista, da parte nostra.
Attraverso le fasi storiche e archeologiche di questo saggio, riviviamo così le imprese del Palatino, del Foro, del Campidoglio e dell'Arce, quelle del Regnum o della Constitutio Romuli. Ci ritroviamo immersi nei segreti dell'urbanistica e dell'architettuta degli antichi Romani e ne usciamo con la consapevolezza che un legame storico-identitario con il mondo pagano di Romolo sussista ancora, sia vivo e consista nella scoperta degli antichi di un modo peculiare di vivere organizzati. Si tratta di quell'arte difficilissima di far convivere il re, l'aristocrazia e il popolo, mitigando il potere centrale entro un'organizzazione unica, che possiamo chiamare, con gli antichi, "costituzione mista". Quella separazione nella concordia, quel dividersi senza considerarsi nemici, per Carandini è alla base del savoir vivre di noi occidentali, è la "sindrome occidentale" che caratterizza le nostre democrazie e che affonda le sue radici nella civitas/regnum romana e nella città-stato della Grecia antica.
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