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La risata degli oppressi. Viramma. Vita di un'intoccabile - Viramma,Josiane Racine,Jean-Luc Racine - copertina
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1999
1 giugno 1999
372 p.
9788873806332

Voce della critica


recensioni di Nadotti, A. L'Indice del 1999, n. 12

In una lunga serie di colloqui amichevoli, avvenuti dal 1980 al 1990, Viramma ha raccontato la sua vita a Josiane Racine, in tamil, lingua materna di entrambe. Tali conversazioni, tradotte e commentate da coloro che l'hanno ascoltata, Josiane e Jean-Luc Racine, ricercatori presso l'École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi, costituiscono questo bel libro, insolito nel panorama editoriale italiano, e di cui mi preme sottolineare sia l'interesse antropologico e socio-storico, nonché narrativo, sia la curatissima edizione.
Viramma (gli autori precisano che si tratta di uno pseudonimo) è una dalit - termine più appropriato di "intoccabile" per "negare il preconcetto di sporcizia e sottolineare che la degradazione non è un elemento naturale o una punizione divina, bensì il risultato di un'oppressione storica ed economica quanto ideologica" - una contadina del Tamil Nadu, immenso Stato a maggioranza indù dell'India del Sud.
Il lungo racconto di Viramma ci offre una dettagliata descrizione dei molteplici aspetti della vita nel ceri, la parte di villaggio in cui vivono i dalit, illustrata - letteralmente, visto il linguaggio figurato della narratrice - con infinite precisazioni sui singoli aspetti dell'esistenza contadina: matrimoni, nascite, cerimonie funebri, sessualità e affetti, religiosità e superstizione, e poi il cibo, il problema della dote alle figlie, il lavoro nei campi e la migrazione verso i ghetti metropolitani, il rapporto tra le generazioni. Sarà interessante leggere il parere degli antropologi sulla ricerca condotta dai Racine, ma certo si tratta di una lettura assai stimolante anche per chi conosce l'India. Non è facile infatti conoscere a fondo e da vicino la vita dei dalit, né di quelli rimasti nei propri villaggi, né di quelli emigrati negli inferni urbani. Ancora meno facile rendersi conto di quanto e come il progresso, il diritto all'istruzione e i cambiamenti delle leggi elettorali abbiano modificato le loro vite: certo, dal 17 luglio 1997 è presidente dell'India un dalit, K.R. Narayanan, tuttavia le discriminazioni non sono cessate, anzi, talora si sono fatte più aggressive. Dalla narrazione emerge un quadro vivacissimo cui le frequenti risate di Viramma danno un timbro assai particolare, sembrano un controcanto alle parole, insieme all'immancabile betel (mistura digestiva leggermente inebriante) che accompagna ogni pausa. Non sono, non sempre comunque, un segno di allegria queste risate, piuttosto un inconsapevole espediente retorico, che le permette di raccontare anche il dolore, le insopportabili disuguaglianze, dunque anche ciò contro cui non si ribella - e questo irriterà forse qualche lettore occidentale. Viramma sembra accettare il proprio destino, rimpiange alcune sicurezze che il progresso ha scardinato, sembra perfino diffidare della democrazia e della scuola, ma è delle promesse dei partiti che diffida, e della mancanza di memoria storica di certi insegnanti, allo stesso modo in cui diffida della scienza medica quando accantona frettolosamente pratiche e terapie naturali di cui ha fatto esperienza e tesoro nella sua decennale esperienza di levatrice. Se pure esiste, in Viramma - come notano anche i due coautori del libro - una forma di alienazione, c'è tuttavia molta consapevolezza della propria storia e tradizioni, e un'idea del presente che non li azzeri. Proprio il duplice sguardo di chi racconta e di chi raccoglie il racconto e poi lo correda di un ricchissimo apparato di annotazioni fa del libro una lettura speciale, non solo specialistica. (A.N.)

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