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La ribellione del numero - Paolo Zellini - copertina
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ribellione del numero

Descrizione


«Noi siamo di razza divina e possediamo il potere di creare» scriveva in una lettera del 1888 un grande matematico, Richard Dedekind. Quella frase corrisponde al clima di generale ebbrezza ed euforia che regnava allora nella matematica. Con le geometrie non euclidee di Lobacevskij e Riemann, con i numeri transfiniti di Cantor sembrava che si fossero dischiuse le porte di un «paradiso» senza confini, pullulante di inaudite «entità mentali», le quali sussistevano le une accanto alle altre, obbedendo all’unica condizione di non essere contraddittorie. Poi, improvvisamente, nel giro di pochi anni, fra il 1897 e il 1901, cominciarono ad affiorare i primi «paradossi», che segnalavano altrettanti vicoli ciechi nella teoria degli insiemi e nella nuova costruzione logico-matematica di Russell. Era la prima avvisaglia di una devastante «ribellione del numero»: come se la formula rivelasse di avere una natura propria, magari incompatibile con quella della mente che l’aveva appena esplicitata. I matematici furono subito tentati di scrollarsi di dosso, in quanto irrilevanti, tali fastidiose difficoltà. Anzi, proprio nei primi decenni del secolo assistiamo allo svilupparsi della sfida più ambiziosa mai sostenuta dalla matematica: il progetto di assiomatizzazione totale di Hilbert. Ma presto anche quella grandiosa impresa mostrò le sue crepe. Infine, la tarda e definitiva vendetta dei paradossi venne nel 1931 con il teorema di Gödel, che di quei paradossi dimostrava l’insuperabilità. Da allora si può dire sia successo, per la «crisi dei fondamenti», quello che è avvenuto per tante altre scoperte del Moderno: ciò che si era presentato come drammatica e angosciosa novità è diventato parte della vita normale. Le sabbie mobili che un giorno paralizzavano di paura sembrano essersi mutate in un parco pubblico, dove accorti giardinieri hanno disegnato viottoli che permettono di evitare i punti dove si sprofonda subito.

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Dettagli

2
1997
10 settembre 1997
280 p., Brossura
9788845913129

Voce della critica


(recensione pubblicata per l'edizione del 1985)
recensione di Lolli, G., L'Indice 1986, n. 4

Una tumultuosa carrellata di logici, filosofi, matematici, scrittori vari, psicanalisti, etnologi, saggi orientali ecc. commenta lo sviluppo della filosofia della matematica degli ultimi cento anni. Il coro è molto affollato, fin troppo (abbiamo contato 320 autori almeno e non c'è indice dei nomi) l'idea ambiziosa sembra quella di dimostrare che il destino dell'umanità è intrecciato con quello della matematica. Stimolante l'idea, convincente poco lo svolgimento, anzi ambiguo. Perché siccome la tesi dell'autore è che la storia dei fondamenti della matematica sia quella di uno sforzo illusorio e sisifesco, allora si fa la storia di un grandioso spreco intellettuale; e tutta la grande avventura del pensiero europeo ed orientale rischia di essere trascinata nella stessa vanità dal suo coinvolgimento con la storia dei fondamenti.
Il filo rosso della storia è la tensione tra la libertà creativa del pensiero e una sorta di costrizione dell'oggettività, e il risultato dopo tante parole è che questa costrizione è quella esperimentata nella matematica quotidiana ma a quanto pare non codificabile, non dominabile e non descrivibile da tutti gli sforzi di queste belle teste; meglio le illuminazioni del Buddhismo Zen. Uno si aspetterebbe allora che la sfiducia nei confronti della riflessione logica aprisse più spazio alla matematica reale, di cui si dice ripetutamente che sfugge alle deformazioni delle varie rappresentazioni. Ma così non è; al suo posto c'è la scontata e abusata storia dei fondamenti della matematica, dove però i soliti matematici-filosofi quando non falliscono sono sempre già anticipati dai più pregnanti aforismi di qualche poeta o pensatore di moda.
Allora perché scegliere costoro come guida di una storia di cui peraltro si vorrebbe suggerire il carattere emblematico? Una storia che fluisce armoniosamente verso il nulla, in cui tutti senza grandi rotture e differenza di peso specifico portano la loro voce, magari con una sola frase. Capelli e Natucci sono sullo stesso piano di Dedekind, Cipolla fa da contrappunto a Hilbert, Brouwer è spiegato con Michelstaedter, la storia dei fondamenti collima col mito orfico perché Lakatos dice che le congetture devono essere digerite, e in tale sarabanda Godel riesce perfino a dimostrare che "l'aritmetica intuizionista è derivabile dall'aritmetica del primo ordine" (sic).

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Conosci l'autore

Paolo Zellini

1946, Trieste

Laureato in Matematica all'Università di Roma, insegna Analisi Numerica presso l'Università di Roma Tor Vergata.Nei suoi saggi esamina l'evoluzione del pensiero matematico attraverso il concetto di infinito e la nozione di numero nella la storia del pensiero non solo occidentale, su dichiarata ispirazione di Elémire Zolla.Tra le sue pubblicazioni: Gnomon. Una indagine sul numero (Adelphi 1999), Il logos della scienza (Monte Università di Parma 2007), Numero e logos (Adelphi 2010), Complessità e iterazione numerica. Percorsi, matrici e algoritmi veloci nel calcolo numerico (Bollati Boringhieri 2013, con Daniele Bertaccini e Carmine Di Fiore), La matematica degli dèi e gli algoritmi degli uomini (Adelphi 2016).

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