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Le repubbliche dei pirati. Corsari mori e rinnegati europei nel Mediterraneo
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Le repubbliche dei pirati. Corsari mori e rinnegati europei nel Mediterraneo - Hakim Bey - copertina
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repubbliche dei pirati. Corsari mori e rinnegati europei nel Mediterraneo

Descrizione


Nel periodo tra il XVI e il XVII secolo, i pirati musulmani provenienti dal Nord Africa falcidiarono la navigazione europea, trasformando in schiavi migliaia di prigionieri. Durante questo stesso periodo migliaia di europei si convertirono all'Islam e si unirono alla "Guerra Santa". Erano costoro forse la feccia dei mari o abbandonarono e tradirono il cristianesimo per una forma di resistenza sociale? L'autore si concentra proprio sulla Repubblica corsara di Salé, la forma politica più evoluta tra le comunità di pirati del periodo. Corsari, sufi, pederasti, donne moresche, piratesse, schiavi, avventurieri, ribelli irlandesi, ebrei eretici, spie inglesi, eroi radicali della working-class, sono alcuni dei protagonisti. Tratta degli europei del XVII secolo che si convertirono all'Islam, non sempre pirati, il cui numero stima in migliaia. La sua analisi dei renegados, delle loro idee e della loro pratica politica propende per l'intrigante ipotesi che alcuni di loro possano aver avuto rapporti con i Rosacroce e l'Illuminismo, e che possano aver formato un'iniziale cultura di resistenza composta dei fuggiaschi di una civiltà di miseria e oppressione.
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Dettagli

2
2022
20 gennaio 2022
208 p., ill. , Brossura
9791280214072

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“L’Islam, in una qualche misura, era l’Internazionale del XVII secolo, e Salè forse il suo unico, vero Soviet”. Il libro è un pozzo di informazioni (e di mere ma dichiarate ipotesi, talora) circa pirati e corsari musulmani del XVII secolo: quelli magrebini, ma che spesso erano europei rinnegati, oggi quasi sconosciuti, che agivano nel Mediterraneo ma anche nell’Atlantico settentrionale (fino all’Islanda!). Istituzioni politiche (tendenzialmente egalitarie), tecniche ed abitudini, storie personali e motivazioni, imprese: il tutto compulsando attentamente i documenti storici (pochi) esistenti, anche se quasi esclusivamente anglosassoni. Tuttavia, come è ormai abitudine nella saggistica storica (ed è responsabilità degli editori, mi pare), titolo e sottotitolo promettono molto più di quanto possano mantenere: qui infatti si privilegia ampiamente un solo caso specifico, quello della repubblica di Salè, l’attuale Rabat, in Marocco. Seconda obiezione. La pubblicazione è meritoria e sorprendentemente seria, per una casa editrice “alternativa” e così piccola; ma il formato, i caratteri di stampa specie del testo delle citazioni e delle note, sono troppo piccoli, vi è una buona quantità di refusi e la traduzione lascia spesso al testo una patina anglosassone. Anche le immagini, numerose e quasi sempre interessanti, sono però in bianco e nero. Per altre notizie circa il contenuto, v. anche la parte finale della mia recensione a “Il pirata e il condottiero”. Chi voglia poi scoprire più o meno lo stesso mondo descritto dal libro senza dover sbadigliare (lo confesso, alla lunga la saggistica storica su di me ha quest’effetto), ovvero in forma narrativa, potrebbe leggere “Cristiani di Allah” di Massimo Carlotto.

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