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La ragazza del secolo scorso - Rossana Rossanda - copertina
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ragazza del secolo scorso

Descrizione


Il racconto di una vita: la politica come educazione sentimentale.

«Questo non è un libro di storia. È quel che mi rimanda la memoria quando colgo lo sguardo dubbioso di chi mi è attorno: perché sei stata comunista? perché dici di esserlo? che intendi? senza un partito, senza cariche, accanto a un giornale che non è piú tuo? è una illusione cui ti aggrappi, per ostinazione, per ossificazione? [...] Comincio dall'interrogare me. Senza consultare né libri né documenti ma non senza dubbi. Dopo oltre mezzo secolo attraversato correndo, inciampando, ricominciando a correre con qualche livido in piú, la memoria è reumatica. Non l'ho coltivata, ne conosco l'indulgenza e le trappole. Anche quelle di darle una forma. Ma memoria e forma sono anch'esse un fatto tra i fatti. Né meno né piú». (Rossana Rossanda)

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Dettagli

2020
Tascabile
12 ottobre 2020
392 p., Brossura
9788806246648

Valutazioni e recensioni

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gianni
Recensioni: 1/5

Dopo 40 pagine, mi sono arreso all'idea che se un libro è un capolavoro di noia, bisogna volersi bene e metterlo via. Con 200 pagine di meno, forse, sarebbe stato appena leggibile.

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@bloggingwithmissb
Recensioni: 3/5

Circa vent’anni fa Rossana Rossanda decide di condividere le memorie della sua vita, in un lungo racconto che ha più il sapore di un diario piuttosto che di un’autobiografia importante. Descrivendoci la sua avventura dalla nascita ma solo sino al 1969 ci comunica quelli che sono stati gli anni fondamentali del suo percorso , peccato per noi lettori non poter proseguire oltre… La sua è stata una vita fondamentalmente tranquilla, in una famiglia benestante, cresciuta con una sorella, tra il Nord Italia e Roma. L’avvicinamento alla politica è stata una chiara conseguenza del primo conflitto mondiale, i giovani chiamati a prendere una posizione e a prendere coscienza di come la storia si stava tragicamente evolvendo. Il dono più grande di questa donna è stato non smettere mai di interrogarsi, sulle sue scelte, sul presente, sul contesto politico, riflessioni che l’hanno portata spesso ad abbandonare strade che aveva calpestato per anni, il partito ad esempio, la direzione del giornale. Manifesto. Rossanda è stata una ragazza spigliata, con un’intelligenza vivace e molto arguta, credo che i 96 anni che ha trascorso su questa terra le abbiano regalato profonde soddisfazioni e grandi verità.

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paolo g.
Recensioni: 5/5

È vero che la scrittura della Rossanda, pur essendo per me pregevolissima e coinvolgente, è un po' da "iniziati", ma si tratta di "iniziati" alla storia dell'Italia del dopoguerra, in particolare alla storia dei comunisti italiani, fuori e dentro il partito. Non è vero invece che non dica niente di nuovo, anzi svela parecchio di quelli che erano i rapporti tra i comunisti in quei lunghi e tumultuosi decenni, sia tra i personaggi di primo piano, sia tra quelli persi in discussioni infinite nelle serate dei circoli operai, tra entusiasmi, dubbi e critiche. Non è vero, inoltre, che non vi sia l'autocritica: Rossanda si interroga di continuo sugli errori suoi e dei suoi compagni, ed è un interrogarsi amaro e dolente, senza reticenze. Una lettura fondamentale dunque, per chi voglia capire quel mondo e per poter conoscere un modo di vivere l'impegno politico che ormai è andato completamente perduto.

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Recensioni

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Voce della critica

“Ognuno avrebbe fatto la sua strada e quando ne leggo le ricostruzioni tutto mi pare vero e sfocato, perché per un paio d’anni si fu assieme, senza generazioni e gerarchie, ci conoscevamo tutti, tutto si stava facendo, e anche i disaccordi avevano un sale.”

Pur ammirando la lucidità e l’acutezza dei suoi interventi su il manifesto, nei confronti di Rossana Rossanda ho da sempre (e penso di non essere la sola) provato un sentimento contraddittorio, condizionato dall’impressione che in lei ci fosse un distacco, una troppo consapevole superiorità rispetto al lettore che impediva l’empatia, l’emozione, insomma quel turbamento non solo mentale, ma “del cuore”che gli articoli di Luigi Pintor avevano sempre saputo suscitare e che, alla sua scomparsa, ha fatto sentire tutti un po’ orfani e soli.
Ebbene questa autobiografia sembra voler smentire con forza quanto per anni molti hanno pensato della sua autrice: brava, ma supponente, brava, ma lontana…
La presenza in classifica del libro ormai da settimane indica come sia stato proprio il “passaparola” ad imporlo, forma autentica di successo di un’opera, e il perché è chiaro: mai ho letto un testo che abbia saputo trasmettere con tanta energia il percorso di una persona, attraverso i grandi movimenti del secolo scorso, proponendoli con l’intensità di chi li guarda dall’interno e all’interno di essi agisce.
La prima parte vede una ragazza borghese, figlia di una famiglia intelligente, dover affrontare il primo dei tanti traslochi della sua vita, da Pola a Venezia. Cambiamenti radicali, perdita di alcuni agi, ma nessuna privazione vissuta come tale. Il rapporto con la sorella, da cui solo due anni la dividono, appare fin da subito forte e solidale, la madre è una figura solare, il padre è colui con cui condividere fin da giovanissima la passione per la lettura e una certa sintonia di carattere. Da Venezia a Milano, dall’infanzia all’adolescenza, e intanto fuori da casa il fascismo: ma lei, come probabilmente tante sue coetanee, non avvertono bene che cosa ciò significhi, anche per una certa volontà, forse neppure consapevole, della famiglia di tenere lontano il privato dalla volgarità del pubblico.
Questa inconsapevolezza sarà poi l’elemento che domina anche alcuni momenti cruciali della storia italiana che sfiorano appena la liceale Rossana. L’assenza improvvisa della compagna ebrea non suscita domande, la guerra di Spagna così come è riportata dalla stampa crea un certo orrore per quei “rossi” anticlericali e cruenti, insomma l’approdo all’università la vede piena di stimoli intellettuali, ma del tutto priva di quella che chiameremo coscienza politica. L’ammirazione per alcuni docenti, e in particolare per Banfi, il passaggio in clandestinità di Marchesi, l’improvvisa scoperta del comunismo dopo un fine settimana passato a leggere in modo forsennato testi cruciali consigliati da Banfi stesso, il mettersi a disposizione della Resistenza: passaggi straordinari che coinvolgono il lettore facendogli capire molto di più di un periodo storico e il tutto presentato con la passione, la semplicità, l’incoscienza dell’età in cui era stato vissuto.
Le pagine che raccontano, senza alcuna nota trionfale o eroica, quegli anni drammatici e non privi di contraddizioni, così come quelle che parlano del dopoguerra, dell’adesione al Partito Comunista e dell’attività dirigente al suo interno, non dimenticano mai le dinamiche familiari e private in un perfetto equilibrio (così come avviene nella vita) tra le varie componenti di una persona, gli affetti, gli interessi, gli errori e le ambiguità. Credo che proprio questa sincerità austera sia una delle note di merito del libro che, e passiamo agli anni successivi e al sempre maggior impegno nel Partito, raccontando la storia di una singola vita, permette di ripercorrere anni fondamentali della storia recente non solo italiana.
Un’altra riflessione spontanea: l’importanza nella società del Pci, il suo essere luogo di idee, d’incontro e di crescita, al di là dei ruoli specifici, “fra la fine degli anni cinquanta e nei primi sessanta ci fu un veloce cambiare delle idee e perfino delle cose attorno a noi. Era il boom, la coesistenza, la nuova frontiera, la fine dei colonialismi – il tutto accompagnato da un crescere della sinistra e della buona coscienza”.
La passione del fare politica: “Mai ci si realizza come assieme agli altri, cui con naturalezza si spiega come fare – dev’essere il temibile materno, fabbricare le creature, nutrirle, insegnargli a camminare, svezzarle malvolentieri. Mai si è meno sacrificati che in un collettivo che hai scelto e cui ti credi necessaria.”
E poi il Sessantotto: “Del maggio francese si dovrebbe parlare con serietà, quasi solennemente, perché sia chi lo apprezza sia chi lo detesta non nega che abbia costituito una cesura storica”.
L’ultima parte, quella della frattura dal Partito, non è dominata da sentimenti di rancore o di rabbia, c’è un profondo rispetto, una stima (in particolare per Ingrao e Berlinguer) che la differenza frontale di posizioni e di scelte non incrina, così come anche dall’altra parte non vi fu nessuna volontà di discredito nei confronti del gruppo de il manifesto. Uno stile e una grandezza morale insomma che oggi profondamente si rimpiange.
Il prodotto e la causa scatenante quella radiazione sono tuttora un importante riferimento politico-culturale, luogo di dibattito e riflessione, il manifesto nasce dalla speranza e dall’aspirazione di farsi voce, luogo e crogiuolo di una nuova cultura di sinistra: “Speravamo di essere il ponte fra quelle idee giovani e la saggezza della vecchia sinistra, che aveva avuto le sue ore di gloria. Non funzionò. Ma questa è un’altra storia”.

A cura di Wuz.it

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Conosci l'autore

Rossana Rossanda

1924, Pola

Rossana Rossanda, nata a Pola nel 1924, è giornalista e scrittrice. Allieva di Antonio Banfi, antifascista, ha partecipato alla Resistenza. Al termine della Seconda guerra mondiale, si iscrisse al Partito Comunista Italiano. In breve tempo, grazie anche alla sua profonda cultura, venne nominata da Palmiro Togliatti responsabile della politica culturale del PCI. Nel 1963 venne eletta per la prima volta alla Camera dei deputati. Nel 1969 fu radiata dal Pci perché esponente della sinistra critica. Ha fondato la rivista, e in seguito il quotidiano, «il manifesto», con cui ha collaborato fino al 2012.Tra le sue opere: Appuntamenti di fine secolo (ManifestoLibri 1995, con Pietro Ingrao), Brigate Rosse. Una storia italiana (Dalai editore 2002/Mondadori 2007, con Mario Moretti...

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