Con una scrittura originale e toccante, Flavia Piccinni racconta la vicenda di una giovane donna alle prese con i tormenti di una scelta difficile che condizionerà la sua esistenza.
«L’enfant prodige della nuova narrativa italiana» - Gian Paolo Serino, D di Repubblica
«Una voce convincente e precisa fin dall’attacco» - Michele de Mieri, Il Venerdì
«Un romanzo d’esordio che è un colpo al cuore» - Antonella Lattanzi, Stilos
Lea è appena arrivata a Varanasi. Si è limitata a prendere un maglione a casaccio dall’armadio e a infilarlo nello zaino senza aspettarsi nulla. Deve fuggire da Cesare, mettere distanza, lasciare che il tempo vada più in fretta, e l’India, lo dicono tutti, è il posto giusto per smarrirsi, anche se nell’aria c’è odore di celebrazioni funebri, fiori maturi, sandalo e cera. Adriana, orecchini di perle e capelli tinti di nero, non ha fatto troppe domande sui motivi della partenza, e anche al telefono, adesso che è lontana, non indaga, si lascia alle spalle la colpa, ma si sa, passano gli anni e le madri restano sempre le stesse, non hanno paura di ferire, loro sono fatte così. Come sarebbe stata lei con un figlio, ora Lea non vuole saperlo. Deve dimenticare il mese di maggio, l’alba di primavera, il lettino che corre veloce, il corridoio infinito, l’infermiera che chiede e richiede Sei sicura?, la sensazione precisa che sicura, dopo l’aborto, non lo sarà mai più. Nel disordine di strade senza nome e alberghi fatiscenti, tra donne bellissime che vendono sari e venerano i propri bambini, Lea proverà a scendere a patti con la realtà, e ad assolversi, se il Gange la accoglierà come può nelle sue acque sacre e livide.)
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