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Descrizione


1946, il Paese è un cumulo di macerie, i generi di prima necessità scarseggiano, ma in tutti c'è la speranza di un domani migliore. C'è una parte dell'Italia però che vive ancora in perenne angoscia: l'Istria, Trieste. Qui nessuna conferenza di pace ha trovato la soluzione giusta per un territorio strategicamente importante e dunque conteso fra italiani, forze anglo-americane e jugoslavi. Disordini e scontri armati tra le diverse fazioni sono all'ordine del giorno. Il Giro d'Italia 1946 nasce con l'intento di ricucire il Paese, ma questo non piace agli slavi filottini che si preparano a boicottare la carovana. Il Giro è costretto a fermarsi, ma diciassette coraggiosi riescono ad arrivare al traguardo.
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Dettagli

2006
1 gennaio 2006
121 p.
9788888551784

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Ninni Radicini
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La mattina del 26 aprile 1945 gli italiani si svegliano sulle macerie di un paese lacerato da terribili drammi personali e collettivi. Pochi mesi dopo si ipotizza una nuova edizione del Giro d'Italia. Sembra un'idea folle, anche perchè moltre strade sono distrutte. Il Giro "della Rinascita" si trasforma in avvenimento comunitario. E' la prima delle grandi corse a tappe a ricominciare (il Tour nel '47). Nel programma c'è la Rovigo-Trieste. Non è una tappa come le altre. A Trieste, i partigiani di Tito avevano dichiarato la città annessa alla Jugoslavia ma poi gli anglo-americani ne presero il controllo. L'arrivo a Trieste era un modo per affermarne la italianità. Il 30 giugno si parte da Rovigo alle 6.25 del mattino. I primi problemi cominciano a Bigliano. Ad un certo punto sui ciclisti arrivano fiori e pietre. Pochi metri dopo un ragazzo lancia un grosso sasso in mezzo alla strada. Alcuni sbandano e cadono, qualcuno rimane ferito. Cento metri più avanti la strada è bloccata da pietre, bidoni di catrame, pezzi di filo spinato. Scatta l'agguato. Dai lati arrivano pietre. Alcuni ciclisti sono feriti, il più grave è Marangoni, colpito alla testa e svenuto. Mentre si prestano i soccorsi, inizia una sparatoria che dura 4-5 minuti. In molti non se la sentono di proseguire e i dirigenti del Giro decidono di finirla lì. C'è però uno che continua a ripetere: "Io a Trieste in un modo o nell'altro ci voglio arrivare". E' Giordano Cottur, della Wilier Triestina. Si cerca allora di creare una rappresentanza della corsa, anche perché se nessuno fosse arrivato a Trieste le conseguenze sarebbero state imprevedibili. L'arrivo non fa classifica ma si corre sul serio e vince Cottur. Per effetto di quell'agguato a Trieste vi sono una serie di gravi incidenti. Giordano Cottur è scomparso l'8 marzo 2006, a quasi 92 anni. Fino all'ultimo non ha mai mollato. Nulla di strano per uno che sfidò la storia. (Ninni Radicini, autore della newsletter Kritik, kritik.135.it)

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