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Quaggiù nella biosfera. Tre saggi sul lievito poetico delle scritture - Luigi Meneghello - copertina
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Quaggiù nella biosfera. Tre saggi sul lievito poetico delle scritture
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Quaggiù nella biosfera. Tre saggi sul lievito poetico delle scritture - Luigi Meneghello - copertina

Descrizione


Un libro che raccoglie tre scritti inediti di Luigi Meneghello: il primo è sulla natura della bellezza in poesia (da quella dei gattini del Belli a quella del bottone del Re Lear), il secondo sull'uso moderno e non moderno nella lingua e nella poesia (dal rapporto sogno e realtà in testi come l'"Alice" di Lewis Carroll alla verminosità nei "Fiori del male"), il terzo sulla virtù segreta degli scritti di Fenoglio.
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Dettagli

2004
24 marzo 2004
87 p., Brossura
9788817000895

Voce della critica

Luigi Meneghello raccoglie in questo libretto tre suoi interventi critici recenti (frutto di conferenze accademiche e convegnistiche degli ultimi due anni), ai quali aggiunge, a mo' di appendice e come congruenti con il tema trattato, alcuni estratti dal saggio Leda e la schioppa (Moretti & Vitali, 1989). Ma come è facile immaginare, questi scritti hanno ben poco di accademico, esibendo piuttosto quel tratto svagato e come casuale, fatto di acuti giudizi e lancinanti accostamenti, che caratterizza le pagine di Meneghello.

L'argomento è già non enucleato ma certo alluso tutto nel titolo e nel sottotitolo, laddove mentalmente si contrappongono le semplici concezioni di un facitore d'arte e le pompose considerazioni scolastiche divulgate dall'idealismo, contrapponendo una poetica "povera" della bellezza artistica di contro alle complicate concezioni filosofiche ed estetiche della sua giovinezza. Meneghello ci offre dunque una sua filosofia dell'arte (o estetica) traguardata dal basso (dalla biosfera, come dice lui), non dal mondo delle idee, mirando di cogliere nel fatto artistico complessivo (in particolare letterario) quel tanto di originale e di seducente, di delimitare, senza tuttavia voler giungere a definizione alcuna, il concetto di bellezza nell'arte. Fuori da ogni dogma estetico di poesia come intuizione pura, Meneghello persegue una sua via piana di conoscenza, tentando di enucleare alcune sue convinzioni critico-gnoseologiche sulla natura del bello.

Nel primo scritto presente in questa raccoltina di saggi, La bellezza, egli tenta di rispondere all'interrogativo base che lo assilla. Qual è il "principio vitale", il "lievito" - secondo le sue parole - che determina la felicità di talune scritture? È a questo punto che Meneghello enuncia la sua teoria delle "interazioni", che altro non è che una foto retrospettiva delle sue modalità di scrittura, al punto da rivelarsi come una dichiarazione esplicita di poetica personale, prima che un criterio euristico vero e proprio: "C'è di mezzo l'accostamento e lo scontro di cose o piani diversi: anzitutto la lingua (l'italiano moderno) e il dialetto (vicentino), un aspetto di speciale importanza per me; e ancora lo scritto e il parlato, la serietà e l'ironia, il domestico e il pubblico, l'urbano e il paesano, i personaggi della storia civile e letteraria, e quelli dell'ambiente famigliare (...) e in generale il contrasto tra il mondo della cultura riflessa e la sfera della vita popolare. Mi pareva, e in qualche modo mi pare ancora, che le cose più vive che mi è capitato di leggere, o di scrivere io stesso, fossero generate da interazioni di questo tipo". E accanto a questa egli elabora una seconda ipotesi interpretativa della felicità poetica, legata a una misteriosa essenza della realtà (una glassy essence, un'essenza invetriata) che talora viene a galla nella mente e nella penna dello scrittore. Ma in sostanza il senso della bellezza in arte resta indefinibile e razionalmente quasi inspiegabile.

Questo è quanto si ricava anche dal secondo scritto, L'uso moderno, una digressione sul concetto di evoluzione e modernità in arte: concetto imprendibile anch'esso, pur se legato al concetto di Divenire, posto in ilare contesa con l'Essere, nel ricordo affettuoso e indulgente della filosofia del Realismo Assoluto, professata a Padova da Erminio Troilo (non Emilio: si corregga a p. 30), nei primi anni quaranta, ai tempi degli studi universitari di Meneghello. La determinazione a cui perviene il nostro autore è, dunque, quella di un'immutabilità e stabilità di valori nelle cose più alte della poesia e dell'arte, dichiarata con tranquilla coscienza: "Sono approdato (...) alla conclusione che nel generale fluire del tempo e dell'esperienza, la potenza poetica non diviene!".

Suggestionato - per sua stessa ammissione - dalle Lezioni americane di Calvino, sulle quali era intervenuto nello scritto La virtù senza nome (apparso nella Materia di Reading e altri reperti, Rizzoli, 1997), Meneghello aveva assaporato il piacere di indagare e interrogarsi sulle qualità essenziali delle scritture letterarie, arrivando addirittura a gareggiare con il suo modello di partenza nella ricerca di quei parametri che possono determinarne la bellezza. Qui il concetto di bellezza viene quasi a collidere con quello di avvertita contemporaneità, di quasi atemporale modernità, come nel caso di Baudelaire, e della sua vischiosa "verminosità": "le emozioni che si generano là in mezzo non paiono soggette al passare del tempo e al mutare del gusto".

Con Il vento delle pallottole Meneghello offre un tributo postumo di stima a Beppe Fenoglio, riconoscendo in lui una quasi parallela comunanza di destini (l'età, gli studi, l'8 settembre in divisa, la guerra partigiana...) e nel Partigiano Johnny un libro-testimonianza consanguineo dei Piccoli maestri e a esso imprevedibilmente imparentato per una similare temperie di esperienze comuni, ma anche per certi gusti concomitanti (e non certo scontati) di lingua e l'idea iniziale dei due scrittori di elaborare la loro opera in inglese: come se l'italiano aulico e retorico della letteratura fosse insufficiente a rappresentare il nuovo mondo che s'era aperto ai loro occhi, come se entrambi - senza conoscersi, ma d'intesa - già rifuggissero una deriva neorealistica sino ad allora imperante. A questo si aggiunga un particolare, comune atteggiamento antieroico nei confronti della Resistenza, misto di baldanza e insieme di modestia, cui l'ironia fa da contrafforte.

È un "debito d'onore letterario" quello che qui Meneghello paga allo scrittore suo coetaneo, ma è anche un sotterraneo autochiarimento che vale per lui stesso, come nel caso (illuminante) in cui indugia a descrivere la lingua di Fenoglio: "L'uso dell'inglese va accostato a quello delle 'irregolarità' linguistiche, i neologismi, le neoformazioni ecc., che conferiscono al testo il suo eccezionale potere di straniamento. Perché scrivere per esempio 'vividità' al posto di 'vividezza'? È come se lo scrittore cercasse le parole in se stesso - non nell'uso corrente. In che cosa differisce 'una figura invisibilizzata quasi dalla stessa intensità della luce lunare' da 'una figura resa quasi invisibile'? Sono esempi degli effetti stranianti di questo modo di scrivere, in sintonia con l'esperienza straniante della guerra partigiana".

Meneghello è un saggista gradevolissimo, divagante e aneddotico; non smette mai di narrare neanche quando fa il critico (né in verità di filosofeggiare quando narra). E in questi tre saggi nuovi, in cui tratta amabilmente di un "sublime" terra terra, quasi umanizzato, ce ne dà un'ulteriore riprova.

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Conosci l'autore

Luigi Meneghello

1922, Malo

Luigi Meneghello è stato un narratore italiano. I suoi romanzi (Libera nos a Malo, 1963; I piccoli maestri, 1964; Pomo pero, 1974; Fiori italiani, 1976; Bau-sète!, 1988) restituiscono luoghi della memoria e della vita quotidiana, in una prosa personale, caratterizzata da un impasto linguistico che nasce dal dialetto (ricostruito con cura filologica) e da sapienti innesti di modi gergali, idiotismi, neologismi: tutte forme che risultano di grande efficacia nel disegno psicologico. È anche autore di numerosi libri di saggistica, che spaziano da argomenti autobiografici (Jura, 1987) al panorama letterario contemporaneo (Rivarotta, 1989; Che fate, quel giovane?, 1990; Quaggiù nella biosfera. Tre saggi sul lievito poetico delle scritture, 2004), e di studi sulla tradizione...

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