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Nell’inqualificabile proliferarsi nelle librerie e nei circoli letteral-poetici di favolose quanto pizzesche liriche da salotto, in un ostinato ostruzionismo accademico da parte delle case editrici verso un genere letterario che raggiunge il suo apice tra la stagnola stellata della perugina, Prossima Fermata Nostalgiaplatz risulta sicuramente di difficile lettura: niente metrica, nessuna rima, punteggiatura assente, titoli in inglese per una poesia che viene definita dallo stesso editore “geometria polisemica che si distende appena”. Eppure non possiamo parlare propriamente di avanguardismo e sperimentazione per questo giovane artista, che si definisce un nomade metropolitano, bensì di un particolare modo di astrarre egocentricamente la realtà. Leggere Prossima fermata Nostalgiaplatz da la sensazione di guardare con sguardo felpato dal buco della serratura la camera da letto di un uomo e una donna che, tra il fumo di una sigaretta appena spenta e il letto disfatto, si sforzano di comunicare non comunicabilità nello sfumare dei contorni di un improbabile tramonto al neon blu. Emozionante, anche se non immediato, raffinatamente meditativo, Stefano Lorefice si guadagna il pass per la sua seconda raccolta di poesie Budapest sweeng lovers (in uscita a maggio, edito da Edizioni Clandestine), in cui promette di superare se stesso. Effettivamente è quello su cui dovrà lavorare per raggiungere quella fetta di pubblico medio, che tra un cioccolatino e l’altro, non si scomoderà a cercare la chiave di lettura della sua impegnativa soggettività, accontentandosi della purtroppo sempre valida rima cuore/amore. O sole/cuore/amore?
Bella raccolta di poesia. Un giovane poeta da tenere d'occhio.
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