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1999
1 ottobre 1999
208 p., ill.
9788880632207

Voce della critica


scheda di Rognoni, F. L'Indice del 2000, n. 04

Un paio d'anni fa, mentre Vassalli stava componendo Un infinito numero (Einaudi, 1999; cfr. "L'Indice", 2000, n.1), il suo serio divertissment sulle origini di Roma e la fine degli Etruschi, uno scrittore ben diverso, il venerando poeta canadese Al Purdy (1918), s'aggirava fra Volterra, Tarquinia, Cervetri, rischiando di scivolare sulle "pietre muscose", addentrandosi negli "oscuri passaggi" delle necropoli, sulle tracce del suo mentore D.H. Lawrence - "perché DHL è la mia ossessione / e gli manderò le spese d'ospedale / dagli Inferi degli Etruschi / se riesco a trovare il suo indirizzo"... Nessun osso rotto, per fortuna! Al contrario, l'escursione è valsa la bella poesia In tombe etrusche, uno dei due inediti che arricchiscono questa prima antologia bilingue dell'opera di Purdy, impreziosita da quindici disegni vividissimi di Giuseppe Zigaina. Al Purdy è spesso celebrato per la sua gamma di voci, "dal tono rude allo scapestrato, dal tenero al beffardo, dal discorsivo al sublime, e così via" (Dennis Lee), e Margaret Atwood è giunta ad affermare che il suo universo poetico, "al pari di quello di Walt Whitman, è troppo vasto per una sintesi". È comunque nelle poesie appunto "archeologiche" - se non addirittura "preistoriche" - che mi sembra che Purdy raggiunga alcuni dei suoi esiti più alti, dimostrando la rara capacità di immaginare un passato affatto altro, talvolta nell'assenza dello sguardo umano ("Vennero in una notte / cento milioni d'anni fa / i primi fiori / una novità sotto il sole / inventata dalle piante"), e questo con un suo particolarissimo contrappunto di pathos struggente e robusto umorismo. Come nel celebre Lamento per i Dorset ("loro non ci hanno mai immaginato nel futuro / come potremmo noi immaginarli nel passato / accovacciati fra ghiacciai in movimento / seicento anni fa / con lanterne accese?"), o nel curioso mito abbozzato nei Castori di Renfrew: "Forse nei lontani inizi / delle cose [i castori] fecero un patto con gli uomini, / arginarono per noi gli oceani, / rosicchiarono un buco nel grande ponte di legno / incuneato fra la Kamchatka e l'Alaska, / aprirono con forza il Mediterraneo, / divisero il Mar Rosso per Mosé, / sommersero l'Atlantide e il mito / del peccato originale / nel grande grembo salino del mare - / E perché? / Perché ebbero pietà degli uomini". Ma qui converrà ricordare almeno anche il Purdy "cartografo" del suo paese, che "pronuncia i nomi" della geografia ("non piatte imitazioni mutuate / di nomi stranieri / non Brighton Windsor Trenton / ma nomi che cavalcano il vento / Spillimacheen e Nahanni / Kleena Kleene e Horsefly / Illecillewaet e Whachmacallit / Lillooet e Kluane / Head-Smashed-In Buffalo Jump / e tutto il cielo che sprofonda / quando precipitano i bufali"); e il vigoroso poeta erotico, ben lieto di sbandierare l'assatanato magistero del solo poco più anziano Irving Layton (1912). Come in questa frenetica Necropsia dell'amore: "Se mai tu morissi / si potrebbe dire che ti ho amato; / l'amore è un assoluto come la morte, / e nessuno dei due testimonierebbe contro l'altro - / Ma tu resti viva. // No, non ti amo / odio la parola, / quella tirannide privata dentro un pubblico suono / la tua libertà è tua, non mia: / ma brandisco la mia isolata follia come una spada / che affondo nel tuo corpo tutta la notte".

Francesco Rognoni

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