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Autobiografia di Vittore Bocchetta che ai più non dice niente, ma che fu uno dei pochi componenti del CNL veronese a tornare dai campi di sterminio nazisti. E che poi, disgustato dalle pieghe degli eventi dei primi anni del dopoguerra, fra amnistie e repentini cambi di campo di molti responsabili fascisti, lasciò l'Italia per tornarci solo nel 1989. Grande italiano e grande veronese, anche se solo d'adozione.
L'adolescenza primi anni Trenta in una Cagliari tra altoborghese e aristocratica, le giovanili peregrinazioni fra Italia e Libia, l'ingaggio intellettuale veronese, il carcere fascista, la tortura, l'affondamento esistenziale nei Lager di Flossenbürg ed Hersbruck, la resurrezione amara e la disillusione politica nell'oscuro mattino del dopoguerra, una motonave, infine, per le Americhe? Perché fa parte della morale, diceva Theodor Adorno, non sentirsi mai a casa propria. Vittore Bocchetta suggella ora, a distanza di tanti decenni, la sua personale e straordinaria esperienza del «prima», del «dopo» e di quei lunghi anni di emergenza e di lotta contro il nazifascismo e contro la conformistica o ideologica abiezione di sé. La testimonianza di un «salvato» - memoriale oppure orazione civile - cominciata al ritorno in Italia dopo quarant'anni vissuti fra Buenos Aires, Caracas e Chicago, che libera un vortice di aneddoti, scintillanti di riflessione storica, su un'epoca rimasta controversa. Una stagione che queste pagine restituiscono meritamente al suo più naturale genio epico. Vittore Bocchetta (Sassari, 1918), membro del Cln di Verona dal marzo 1944, nel luglio dello stesso anno fu internato nel campo di sterminio di Flossenbürg e fu trasferito poi ad Hersbruck. Dal 1949 ha vissuto e insegnato in America Latina e negli Stati Uniti, dove ha svolto anche un'intensa attività come scultore e pittore. Nel 1989 è tornato a risiedere a Verona.
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