Post-Scriptum. Diario 1982-2013

È disarmante la semplicità con cui Jane Birkin, per tutta la sua vita, ha affidato alle pagine di un diario le sue giornate, i suoi stati d’animo, i successi planetari e le fatiche di una madre. Bellezza conturbante, icona di stile, mito a cui ispirarsi, musa per registi e stilisti, stella polare per gli uomini che l’hanno incontrata e se ne sono perdutamente innamorati. Queste sono le pagine della sua vita che abbiamo sempre conosciuto attraverso la stampa: l’amore con Serge Gainsbourg e la scandalosa canzone ‘Je t’aime, moi non plus’, l’iconica Birkin Bag che Hermès le ha dedicato nel 1984 (con tanto di vano porta biberon così utile all’allora giovane mamma), l’audace interpretazione in Blow-Up di Antonioni. Le pagine della sua vita che ha affidato ai suoi diari, invece, mostrano la parte più umana e tenera di una donna che stenta a riconoscersi bella, indaffarata a tenere unita la grande famiglia allargata con gli ex mariti e le sue figlie, stanca e appesantita dall’arrivo della terzogenita Lou, una donna matura e profonda che con lo stesso candore disarmante di una ragazzina avverte il bisogno di affidare alla penna i suoi sentimenti. Fino al giorno del dolore più grande, l’11 dicembre 2013, che le strappa via la sua prima figlia e la lascia letteralmente senza più parole. A volte mi sono sentita a disagio perché sembra davvero di essere seduti davanti a questa donna stupefacente che senza risparmiarsi racconta la sua vita, con autenticità, senza omettere i dettagli scintillanti dello star system e le ombre delle sue insicurezze. Del resto leggere un diario è sempre un’esperienza intrusiva in cui ciascuno di noi può ritrovare un pezzo di se stesso e ammirare la complessità del mondo interiore di qualcun altro.