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Più giornalismo, meno ideologia - Arrigo Benedetti - copertina

Descrizione


"Più giornalismo, meno ideologia", raccomandava Arrigo Benedetti. Lo udirono i grandi giornalisti cresciuti alla scuola del suo "Europeo": Oriana Fallaci, Emilio Radius, Giancarlo Fusco, Alfredo Todisco, Raul Radice, Sandro de Feo, Tommaso Besozzi, che smascherò la verità del bandito Giuliano. Lo riudirono quelli che lo seguirono o che incontrò al suo "Espresso": Camilla Cederna, Eugenio Scalfari, Carlo Gregoretti, Manlio Cancogni autore dell'inchiesta sulla speculazione edilizia a Roma, "Capitale corrotta = nazione infetta". Lo ribadì, lui laico, liberale e radicale, assumendo la direzione del filocomunista "Paese Sera" negli anni del terrorismo e della violenza diffusa. Rigoroso prontuario di buona scrittura giornalistica, rispettosa della grammatica e delle regole del mestiere, che Arrigo Benedetti, anche da inviato della "Stampa" e da collaboratore del "Mondo", di "Panorama", del "Corriere della Sera", seppe tessere con l'impegno civile e la necessità morale. Perciò Eugenio Scalfari e Carlo Gregoretti lo chiamano maestro e aprono questa raccolta di suoi articoli raccontando come e quanto lo fu per una generazione.
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Dettagli

2013
1 novembre 2013
9788884196521

Voce della critica

  Nella bella collana sul giornalismo diretta da Alberto Sinigallia, e per la quale sono stati pubblicati testi di figure determinanti per la ricostruzione della storia dei massmedia, come Walter Lippman, per esempio, o Arrigo Levi, Alberto Ronchey, Enzo Forcella, avere scelto ora Benedetti (e, soprattutto, aver dato a questa scelta quel titolo che è già un manifesto programmatico) conferma una linea editoriale segnata dal forte proposito di affiancare criticamente il ripensamento delle relazioni tra i sistemi mediali e le mutazioni sociali indotte dalle tecnologie elettroniche. Scrive, di Benedetti, Eugenio Scalfari, nella breve memoria che introduce questo volume, che "lui è stato il mio maestro di giornalismo, e se ho fatto qualcosa di buono in quel campo lo debbo interamente a lui". Sono magari vezzi di grandi giornalisti, ma non v'è dubbio che il ruolo avuto da Arrigo Benedetti nella costruzione di un'idea di giornalismo che integrasse spirito civile e impegno culturale è stato fondamentale, e non soltanto nella realizzazione di due rilevanti esempi di giornalismo d'intervento (come sono stati "L'Europeo" e "L'Espresso" da lui fondati e diretti) ma soprattutto nella sua capacità di raccogliere nelle redazioni dei due settimanali, e nella costruzione delle loro pagine, un autentico cenacolo di intellettuali tra i più significativi della storia del nostro paese nella seconda metà del secolo scorso. Curata con rigore da Alberto Marchi, la selezione degli articoli e delle inchieste di Benedetti nel suo lungo lavoro per i due settimanali, ma anche per "La Stampa", "Il Corriere della Sera", "Panorama", e pure "Paese Sera" (di cui fu direttore), racconta l'affermazione d'un progetto di narrazione della realtà che sapeva sfuggire alle tentazioni, assai forti in quei decenni, della ideologia, per piegarsi invece alla fatica di trovare sotto la superficie delle apparenze le identità reali dei fatti, dei loro protagonisti, delle radici sociali e politiche da cui scaturisce poi l'evidenza che colpisce, e spesso esaurisce, la comprensione di quanto ci accade attorno.   mc    

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Conosci l'autore

Arrigo Benedetti

(Lucca 1910 - Roma 1976) giornalista e scrittore italiano. Già direttore dell’«Europeo» e dell’«Espresso», poi del «Mondo» e di «Paese sera», pubblicò vari romanzi, caratterizzati da una attenzione minuziosa sia alla realtà quotidiana sia al mondo fantastico delle tradizioni popolari della sua terra: I misteri della città (1941), Paura all’alba (1945), Il passo dei Longobardi (1964), Gli occhi (1970), Rosso al vento (1974).

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