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Pietre per le mie tasche. Testo inglese a fronte - Karen Press - copertina
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Pietre per le mie tasche. Testo inglese a fronte - Karen Press - copertina

Descrizione


Frammenti del passatomi finiscono nelle tasche

luminosi come gli occhi dei cani randagi,imploranti e feroci.

Per simpatia il presente si spacca in mille pezzie ci s’infila dentro.

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Dettagli

2012
28 novembre 2012
144 p., Brossura
9788860368294

Voce della critica

Pietre per le mie tasche è un'esile silloge che raccoglie testi poetici efficacemente scelti e tradotti dagli ultimi tre libri della sudafricana Karen Press: Home (2000), The Canary's Songbook (2005) e Slowly, As If (2012). Le "pietre" della raccolta suggeriscono un percorso: quello delle persone che le hanno trasportate fino a noi. Un percorso che è ben lungi dall'ovvio: parte da una casa fatta di nulla, di apparente azzeramento di ogni coordinata; trova nei processi geologici e storici delle pietre la materia con cui edificarsi al di là di tutto; infine, celebra la trasformazione accorta quale chance, seppure minima, per credere nel futuro dell'esistenza umana. I temi sono profondi e pesanti, e la forma estremamente leggera: le parole mirano a somigliare a scaglie, i versi a frammenti, e i testi a cumuli di strati: il piacere di leggerli sta nel fatto che raccontano, senza enigmi, messaggi che vogliamo comprendere. Qui, ovviamente, la traduzione di Paola Spendore ha fatto il suo lavoro. La prima sezione, Home, dà forma a una serie di spazi che si è soliti considerare inutili, nulli o inconsistenti: l'accanita ricerca di un linguaggio che ci definisca (L'uomo con le parole spezzate sul tetto); il vuoto lasciato da un amore perduto (Nel vento; "Lei non c'è / lei non torna"); la perdizione del corpo senza legami d'amore (Amore migrante); l'affetto e la speranza attorno a un letto d'ospedale (Lavoro d'ago); l'incapacità di vedere che esso non è la dimora dell'essere (Lui la cerca); il mondo esterno, "eco del nostro io naturale" (Paesi). Questi spazi, spesso non edificati, diventano particolarmente importanti in luoghi come il Sudafrica, dove l'espropriazione, la township, l'isolamento, la segregazione hanno reso i muri delle case detestabili per gran parte della popolazione. Queste case sono presenti e mostrano inquilini che compiono gesti tragici, e tragicamente paradossali, pur di non rinunciare alla vista con cui sono identificati e da cui stanno per essere rimossi a forza: "si cava gli occhi / poi avanza verso il mare / per lasciarvi i suoi occhi" (Rimozione volontaria); "Avevamo una bellissima vista" (Parole espropriate). È necessario gettare le fondamenta di un concetto più ampio di casa, oltre i principi fallimentari tradizionali che hanno costretto milioni a vivere in ghetti e a diventare migranti. Pareti elastiche attraverso cui è possibile sempre e senza traumi ritornare ai gesti domestici e agli usi a lungo abbandonati (Speranza per i rifugiati), ma capaci di farsi carico del presente e di volere farsi riconoscere nelle nuove terre. Il canzoniere della canarina raccoglie i canti che eludono le sbarre della storia, un tema tristemente importante in Sudafrica. Le parole in fuga sono schegge, frammenti, pulviscolo, pietre, che danno fondamento al mondo reale. Danno peso ai ricordi che si manifestano e chiedono attenzione, bisognosi di sopravvivere. "Frammenti del passato / mi finiscono nelle tasche / luminosi come gli occhi dei cani randagi, / imploranti e feroci" (Frammenti dal passato). Frammenti che attraggono il presente ed entro cui esso finisce per frantumarsi, "per simpatia il presente si spacca in mille pezzi / e ci s'infila dentro". A confronto di questi campi magnetici atemporali, l'umanità nelle sue varie fasi di sviluppo e sgretolamento appare un fenomeno circoscritto, minimale, meccanico: il soccombere dei deboli, "Dalle mie parti i sacrifici sono all'ordine del giorno" (Fuori e dentro il tempo); l'attaccamento feticcio alle cose (Evoluzione: particolari); le nostre incarnazioni, "la storia fossilizzata delle nostre vite" (Nella culla dell'umanità); le culture scomparse o minoritarie che fondarono il territorio, "Dove sono finite le lente forze del passato / che attraversavano a piedi scalzi pietre e anni?" (Tradizione orale). Prospettive diverse secondo cui stare "davanti al dolore degli altri" (come recita il famoso libro di Sontag, la cui tesi questi versi sembrano approvare) sono inutili, troppo umane nel senso limitativo del termine (Dolore). Lentamente, come se conferma che i disastri e le bassezze umane lasciano il tempo che trovano: armi studiate per uccidere efficacemente a largo raggio (Taglia-margherite, Evoluzione); la facilità con cui la storia procede immemore (Monumento della Repubblica Sudafricana); la logica darwiniana con cui gli umani sopravvivono (Fauna locale; Fatti orso); la dialettica senza fine dei due sessi (Gli uomini pensano sempre; Colazione); le decisioni dei dittatori con le loro controversie e misteri (L'ombra di Pasternak). A contare veramente sono i momenti capaci di cristallizzarsi: la donna che ricorda la bambina che pensa che un giorno ricorderà che la sua infanzia era stata felice; una compresenza ferma nel susseguirsi del caos. Come accade nell'ultima poesia inedita che chiude la raccolta: una scheggia che punta dritta a restare impressa indicandoci come una freccia chi si accorge di sfumature e fatti che sono il fulcro dell'universo: " e benché sopravvissero / non consolavano nessuno, / persino il loro sbocciare nell'aria fresca della sera / passò inosservata e i loro petali splendenti si aprivano / in un silenzio che gli lacerò il cuore" (I fiori sopravvissero). Un pronome relativo che fonda i soggetti, i tempi, dentro e fuori la determinatezza. Roberta Cimarosti

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