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Mi sono abituato ai temi e alle ambientazioni che Rocchi usa trattare nei suoi romanzi. Infatti, fatta eccezione per lo storico 1504 – Notte all’Hostaria La Guercia, che, secondo me, oltre a essere il migliore che ha scritto in assoluto è un capolavoro, è presente sempre quell’ambiente rurale della piccola proprietà contadina o della mezzadria, che gli è evidentemente così caro da renderlo sempre in modo notevolmente efficace, pur nelle differenze delle storie, ambientate o a cavallo fra le due guerre, o nell’epoca immediatamente successiva alla fine della seconda. I suoi personaggi sono loro stessi legati alla terra, a un modo di vita quasi patriarcale ed esprimono, pur negli inevitabili difetti propri di ogni essere umano, qualità positive, in particolar modo quella della continuità, che può tradursi anche nel cambiamenti di un’attività, ma con gli occhi e con il pensiero sempre rivolti al mondo dei campi, ai suoi ritmi, alle sue fatiche, ma anche alle gioie di essere in sintonia con la natura. Costituisce quindi una vera sorpresa il suo recentissimo Il pianoforte a coda, perché è completamente diverso da tutti gli altri. Infatti è ambientato in questi anni ed è la storia di un impiegato di banca che desidera più libertà e lascia il posto per fare l’ambulante, anche perché si invaghisce di una misteriosa e bella, ricca ereditiera. Non mancano frequenti colpi di scena, con un’alternanza di passaggi dal giallo al rosa e addirittura con un’intrusione, felicissima questa, nel mondo dell’alta finanza. Assai piacevole da leggere Il pianoforte a coda si rivela in realtà una bella storia d’amore, anzi di un amore che matura gradualmente, per arrivare poi all’apoteosi nel finale. E’ un buon romanzo e ne consiglio la lettura.
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