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Il piacere degli occhi - François Truffaut - copertina
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4
1989
256 p., ill.
9788831750806

Voce della critica


(recensione pubblicata per l'edizione del 1988)
recensione di Barbera, A., L'Indice 1988, n. 7

"Ero arrivato a sezionare un film al punto che, negli ultimi tempi passati ad "Arts", non facevo più della critica in senso proprio, ma già della critica da metteur en scène". Citatissima ogni volta che si fa riferimento ai suoi trascorsi, l'affermazione di Franèois Truffaut è stata usata, non di rado, contro il suo autore. Assunta come un assioma di cui non valesse la pena discutere i contenuti, è servita spesso ed ancora in tempi recenti a riassorbire la faziosità e il carattere radicalmente innovatore dei suoi interventi, riconducendone le tensioni inconciliabili e l'appassionata progettualità all'ambito ristretto di una "dichiarazione d'autore", alla prospettiva limitata di una poetica personale. Categorie di per sé discutibili, in questo caso poi francamente riduttive: sarà bene tenerne conto nell'affrontare la lettura di "Il piacere degli occhi" che, a distanza di dieci anni esatti, fa seguito alla pubblicazione in Italia de "I film della mia vita", per i tipi dello stesso editore.
Non condividemmo allora, si sarà capito, la sufficienza (ancorché mascherata da condizionata ammirazione) con cui fu accolto quel primo recueil di scritti di Truffaut. Ci guarderemo bene dal sottovalutare oggi questa nuova raccolta antologica, al cui progetto lo stesso regista aveva lavorato sinché la malattia, che ebbe il sopravvento il 21 ottobre 1984, glielo consentì. A dispetto del carattere assai eterogeneo degli scritti (recensioni, brevi saggi, interventi occasionali, prefazioni, profili di attori e autori ammirati) e della loro distanza temporale (tre interi decenni dal 1954 al 1984), ad imporsi è ancora una volta la convinzione della grandezza di Truffaut critico, per il quale non suonerà eccessiva l'iperbole godardiana: "Ci sono stati Diderot... Baudelaire... Elie Faure... Malraux... e poi Franèois... Non c'è mai stata altra critica d'arte". E Jean Rouch, di rincalzo: "Truffaut avrebbe dovuto essere il critico cinematografico numero uno. Le sue critiche su "Arts" erano straordinarie, molto stimolanti.. Truffaut costruiva utopicamente un cinema che non esisteva ancora".
Il contributo di Truffaut alla definizione di una nuova consapevolezza del cinema, nel decennio che precedette gli esordi della Nouvelle Vague, fu decisivo. Poteva essere il punto di partenza: per la raccolta curata da Jean Narboni e Jean Toubiana è il punto di arrivo di un percorso a ritroso. È giusto anche così. Leggere il libro nella successione voluta dai curatori diventa allora un'esperienza archeologica, emozionante come scoprire a poco a poco i diversi strati sedimentati di una civiltà sepolta. Sino ad arrivare alla "camera del tesoro", rappresentata nel nostro caso dall'articolo "Una certa tendenza del cinema francese". Con un vantaggio in più, rispetto a molti archeologi. Che la cultura riportata alla luce non è morta, ma viva e vitale e può servirci a meglio capire il cinema di oggi Un esempio? In un articolo del 1957, dal titolo emblematico "Il cinema francese muore sotto il peso di false leggende", si leggono affermazioni che sembrano scritte ora: "Non esiste crisi del cinema perché se crisi ci fosse, i produttori cesserebbero di produrre, e non è così dato che le cifre degli investimenti salgono ogni anno; è vero che contemporaneamente aumentano anche i deficit, ma lì sta il mistero divino.. Se ci fosse una crisi del cinema, sarebbe una crisi di uomini e non una crisi di soggetti: i soggetti non sono verdure che crescono bene o male a seconda del tempo".
L'ultimo dei quattro capitoli (ma c'è anche un epilogo) in cui è organizzata la raccolta, ci consente di riscoprire il Truffaut polemista che si meritò all'epoca l'appellativo di "stroncatore del cinema francese". Ripercorrere questa "parte maledetta" che lo stesso Truffaut tenderà a mettere in ombra negli anni successivi (non a cancellare, anzi: semmai, a rendere meno evidente, meno ostentata), significa non solo risarcire storicamente uno dei talenti più autentici e appassionati del gruppo di jenues turcs riuniti attorno ai "Cahiers du cin‚ma" di André Bazin, ma riscoprire la natura e la strategia di una macchina da guerra lanciata contro la "tradizione della qualità". Se ne conoscono i contenuti: il rifiuto della pratica dell'adattamento letterario, la rivendicazione del ruolo centrale della mise en scène, la politica degli autori, il rifiuto della gerarchia dei generi, il predominio della scrittura. Da quei presupposti sarebbe nata la Nouvelle Vague che, a dispetto di antichi e nuovi detrattori, è l'evento più importante del cinema degli ultimi trent'anni, forse l'ultima età dell'oro di un medium che da allora non è più stato lo stesso.
Stroncare per imporre una nuova idea di cinema. Truffaut vi si dedicò con metodo (interventi settimanali su "Arts", attraverso i quali "divulgava" le posizioni dei "Cahiers"), e soprattutto con passione. Ancora oggi, Rohmer ammonisce: "Non si può dire di conoscere il Truffaut critico se non si ha presente la componente polemica, dura, corrosiva dei suoi articoli su 'Arts'". Ma nello stesso tempo, si tratta di riconoscere che alla base di questo progetto c'era un "atto d'amore'', una vera e propria morale del cinema che comportava un'adesione totale e appassionata all'oggetto del proprio desiderio, e perciò il rifiuto di ogni cinismo e conformismo estetico. Una lezione continua di lucidità e intransigenza, applicata in primo luogo nei confronti di se stesso, come tutta la sua opera successiva sarà a dimostrare ("Il nocciolo della morale cinematografica di Truffaut? Non lamentarsi mai in caso di fallimento commerciale o artistico, non far mai ricadere su altri le colpe di un insuccesso o di un successo relativo, assumersi sempre tutte le responsabilità artistiche e economiche": così Serge Toubiana. Si leggano, a questo proposito, i due articoli compresi nella raccolta, "Il regista, colui che non ha il diritto di lamentarsi" e il già citato "Il cinema francese muore sotto il peso delle false leggende"). D'altro canto, intransigenza non esclude generosità. Sarebbe fare un torto a Truffaut non riconoscergli quest'altra qualità, che possedeva in misura ancora più accentuata della prima, come dimostra il numero impressionante di articoli, interventi, annotazioni in difesa o a sostegno di questo o quel film, questo o quell'autore (e scrittori, attori, tecnici, collaboratori).
"Il piacere degli occhi", titolo bellissimo voluto dallo stesso Truffaut, ne accoglie un buon numero, divisi in tre capitoli: "Il cinema in prima persona", che mette insieme i frutti della politica degli autori (Renoir, Hitchcock, Rossellini, Welles, Bresson, Cocteau); "Letteratura e cinema", che ospita gli affettuosi ritratti di alcuni scrittori amati (Audiberti, Giraudonx, Irish, Roché); e "Viva i divi!" che, come il titolo lascia intendere, esprime l'amicizia, l'ammirazione e il rispetto "per quelli che si espongono interamente in un compito che procura loro allo stesso tempo ciò che possiamo chiamare il 'piacere della responsabilità limitata'". (Isabelle Adjani, Catherine Deneuve, Julie Christie, Fanny Ardant). Difese appassionate, riconoscimenti di affinità elettive, vere e proprie dichiarazioni d'amore. Il corpus degli scritti di Truffaut si presenta agli occhi del lettore nella forma compiuta, e solo in parte involontaria, dell'epistolario amoroso in cui si dispiega, in tutte le possibili variazioni, l'intero dispositivo erotico fatto di attrazioni, lusinghe, ammirazioni di cui è capace un innamorato. Da questo punto di vista, "Il piacere degli occhi" ci dice molto di più dell'uomo Truffaut di quanto non faccia la sterminata, austera, lacunosa "Correspondance" da poco pubblicata in Francia e recensita qui a fianco. Il che può apparire paradossale solo a chi dimentichi ciò di cui Truffaut non ha mai fatto mistero: "Ho sempre preferito il riflesso della vita alla vita stessa. Se ho scelto i libri e il cinema, dall'età di undici o dodici anni, è proprio perché ho preferito vedere la vita attraverso i libri e il cinema".

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Conosci l'autore

François Truffaut

1932, Parigi

È stato un regista, sceneggiatore, produttore cinematografico, attore e critico cinematografico francese. Esordisce come regista dal 1958 (il suo primo film è L'età difficile) ed è ideatore della Nouvelle Vague (insieme con Godard, Malle, Chabrol), corrente che trae ispirazione dalla passata stagione del Neorealismo italiano e che influenzerà successivamente numerosi registi americani della New Hollywood. È stato teorico del cinema e critico di punta dei Cahiers du Cinéma.Il vero e proprio debutto avviene nel 1959 con I quattrocento colpi, film autobiografico che gli consente di costruire una sorta di alter ego, Antoine Doinel, che permette a Truffaut di realizzare un importante esperimento cinematografico: seguire la vita...

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