Pfitz

M. mi ha portato questo libro. Interessante, dice, citato da diversi pensatori della complessità. In effetti si tratta di un esperimento narrativo che si sviluppa attorno a temi ricorrenti del pensiero ecosistemico. Paesaggi frattalici (la città perfetta), sistemi emergenti (i romanzi, dall'incrocio tra trame degli autori e le biografie), il confine sfumato tra realtà e percezione. Curioso come esperimento narrativo, si vede che è un libro 'pensato' quasi matematicamente. Ma l'ho trovato un po' goffo come opera letteraria, con un andamento discontinuo. Pfitz è un personaggio simil-bertoldo (servitore acuto), frutto della fantasia di un essere frutto della fantasia. Se non l'avessi visto direi che è il cane di etabeta.

Che Andrew Crumey sia un autentico genio è una convinzione che si rafforza ogni volta che mi trovo tra le mani un suo nuovo libro. Va però detto che questo 'Pfitz', pur intrigante, arguto e brillante rischia facilmete di deludere in quanto troppo metafisico e labirintico.

Io ce l'ho messa tutta, ma proprio non mi è piaciuto. L'idea sarebbe anche buona ma il tutto risulta troppo artificioso. Deludente rispetto al precedente.