Come nasce il Mezzogiorno, ossia quali dinamiche istituzionali, geografiche e sociali contribuiscono, fin dalla seconda metà del XIII secolo, a porre le basi di uno spazio politico condiviso in un territorio assai composito qual era il regno meridionale all'arrivo della nuova dinastia angioina? È questo il cuore del bel libro di Serena Morelli che espone con grande chiarezza i risultati di anni di ricerche dell'autrice sugli ufficiali nel Mezzogiorno angioino medievale. Il terreno dell'indagine è in partenza duplice: la prima parte del lavoro intende ricostruire il microcosmo politico, amministrativo e istituzionale nel quale agiscono i Giustizieri regi, ufficiali al contempo nominati dal centro e attivi in primis come amministratori del territorio e delle sue risorse fiscali e giudiziarie; i protagonisti della seconda parte del libro sono invece gli ufficiali medesimi, di cui si analizzano le origini sociali e geopolitiche nonché le forme di gestione dell'ufficio, le pratiche amministrative di conservatori della pace regnicola e finanche il profilo culturale. L'autrice propone, in sintesi, di seguire le complesse vicende che portano alla formazione di un gruppo dirigente nuovo e composito, quello dei Giustizieri, che, sul finire del Duecento, si presenta come una vera élite di governo, capace di svolgere al contempo più funzioni di rappresentanza politica e sociale. Ben ancorati nel territorio, i Giustizieri angioini agiscono anche come mediatori fra il re, la corte e i corpi locali sino a riuscire a diventare parte di un vero immaginario culturale del medioevo meridionale. Sarebbe dunque riduttivo considerare tale ricerca come un puro lavoro di storia politico-amministrativa dalla cronologia mirata (gli anni 1260-1290) e dall'ottica innanzitutto prosopografica e geografica. Ben altri sono infatti i temi e i problemi suggeriti dalla lettura di queste pagine: riconsiderare l'importanza, nella lunga durata, della cultura amministrativa e delle pratiche politiche impiegate dai primi Angiò nel loro nuovo regno meridionale; ricorrere a strumenti rinnovati per vagliare al meglio le modalità e gli effetti dei rapporti di forza fra le élite regie, che proprio allora cominciano ad accentrarsi attorno a un duplice polo cortigiano e napoletano, e l'emergere di una vera autonomia delle società politiche territoriali, una realtà che perdurerà a lungo e che si tocca ancor oggi con mano in molte realtà del Mezzogiorno contemporaneo; studiare con accortezza e finezza, in ambito regio, le varie tappe della costruzione e delle trasformazioni non solo dei ceti di governo ma anche dell'insieme delle élite centrali e territoriali in un ambito troppo a lungo considerato come la riserva di caccia di pochi protagonisti assoluti: il re e la sua corte, i signori e i loro feudi. Attraverso lo studio degli ufficiali regi, e in particolar modo grazie all'indagine sulla figura dei Giustizieri angioini della seconda metà del Duecento, lo storico, e non solo il medievista, può ormai fare affidamento su un ricco filone di ricerche pronto a trasformarsi in un nuovo laboratorio di storia meridionale le cui fondamenta medievali si rivelano ancor più ricche del previsto. Guido Castelnuovo
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