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Per un bacio d'amor. I baci nella canzone italiana - Ranieri Polese - copertina
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Per un bacio d'amor. I baci nella canzone italiana
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Per un bacio d'amor. I baci nella canzone italiana - Ranieri Polese - copertina

Descrizione


Forse aveva ragione il giovane Adriano Celentano quando, nel 1959, cantava «i tuoi baci non son semplici baci». La storia del bacio nella canzone italiana è infatti complessa. Assente nella grande stagione del melodramma ottocentesco, assumerà un posto importante nel teatro dell'opera, raggiungendo con Puccini il massimo della sensualità («0 dolci baci e languide carezze»). Anche i baci delle prime canzoni italiane, quelle del café chantant, del varietà e dei tabarin sono carnali, fortemente erotici, peccaminosi. Intorno al 1930, tutto cambia: alla radio e nei primi film sonori si lanciano canzoni per persone comuni, che sognano di avere mille lire al mese, una casettina piccola e carina, un matrimonio felice. Niente più amori torbidi, baci e carezze audaci. Si opera una censura che crea un codice che resterà valido per molti decenni. Certo, negli ultimi anni Cinquanta e nel decennio Sessanta ci si bacia ancora tanto, ma col tempo si fa strada un linguaggio molto più esplicito. Insomma, non ci si bacia più, si fa l'amore.
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Dettagli

2017
23 febbraio 2017
128 p., Brossura
9788877687043
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Indice

Indice

I. Non son semplici baci

II. RIme & suoni: un canzoniere moderno

III. E furon baci, carezze audaci

IV. Oltre il bacio niente

V. Anni 50: ma non c'è solo Sanremo

VI. Nell'aria c'è polline di pop

VII. Baci scagliati altrove

VIII. Post Scriptum

IX. Appendice
- Intervista a Giuseppe Antonelli
- Intervista a Marta Boneschi
- Intervista a Federico Moccia

Bibliografia

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ranieri polese
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Ranieri Polese individua una periodizzazione scandita in decenni riguardo alla rilevanza del bacio nei testi delle canzoni italiane. Tra il 1890 e il 1930 apparvero canzoni fortemente erotiche e sensuali nei café chantant e nei tabarin: sciantose dai nomi esotici turbavano i sogni lascivi dei viveurs esibendo peccaminosi piaceri proibiti. Con l’avvento del fascismo, la politica del regime impose un richiamo alla pubblica moralità e ai valori familiari: fu il tripudio di mamme, mogliettine fedeli, fidanzate timorose di Dio, amori casti e malinconici. Una sorta di controriforma, che dettò un canone di riferimento rimasto in vigore per i successivi quarant’anni: cieli stellati, chiari di luna, fedeltà eterne suggellate dal bacio trionfante (Un’ora sola ti vorrei, Venezia la luna e tu, Ti dirò…), in cui la fisicità veniva smaterializzata in una dissolvenza pudica. Nel 1951, con la nascita di Sanremo, arrivò il trionfo del sentimentalismo, nell’Italia della libertà ritrovata dopo la guerra, e con essa il sogno e la passione, l’abbandono e lo strazio. C’erano in effetti anche incursioni ironiche e trasgressive nelle parole di Fred Buscaglione e Renato Carosone, del primo Celentano, e di una giovane Mina ribelle. Si affacciava quindi l’era del pop, i primi juke-box e i gruppi beat, il filone dei testi impegnati, l’intensità dei cantautori e il divertimento balneare di Edoardo Vianello. Di baci si cantava ancora, ma lentamente labbra bocche e respiri cominciarono a cedere il passo alla sessualità più spinta, coerentemente con l’evolversi in senso libertario dei costumi: meno baci e più sesso, meno sentimento e più desiderio fisico. Il libro di Ranieri Polese ci fa ripercorrere un secolo di storia italiana attraverso le canzoni, che da sempre sono il leitmotiv delle coscienze e dei comportamenti individuali e sociali di una nazione: un modo intelligente e spiritoso di riflettere su quello che siamo stati e siamo diventati.

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Ranieri Polese

1946, Pisa

È inviato per il «Corriere della Sera», giornale di cui ha diretto le pagine culturali. Tra le sue pubblicazioni, II film della mia vita, Rizzoli) e la prefazione di Le mie canzoni di Vasco Rossi (Mondadori). Dal 2005 è curatore dell'Almanacco Guanda, pubblicazione a cadenza annuale che affida a scrittori diversi il compito di approfondire un tema monografico.

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