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Peplum - Blutch - copertina
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Descrizione


Visione allucinata e sensuale del mondo antico, Peplum è una storia di lotta, tradimento e amore senza speranza, sullo sfondo di una civiltà in declino. Agli estremi confini settentrionali dell'Impero Romano, alcuni esuli si impadroniscono di un corpo femminile imprigionato nel ghiaccio; tra questi un ragazzo senza nome che si innamora perdutamente della donna ibernata. Dopo un anno di marcia nella neve, il giovane uccide l'ultimo superstite del gruppo, il patrizio Publio Cimbro, ne assume l'identità e comincia una selvaggia fuga verso sud, in attesa che il ghiaccio si sciolga. Tra pirati, naufragi, pestilenze, torture e seduzioni, il pennello di Blutch scandisce il racconto come una danza, nell'inestricabile intreccio di abiezione e bellezza, fino allo spietato, malinconico finale.
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Dettagli

2017
30 marzo 2017
110 p., ill. , Brossura
9788899086688

Voce della critica

Se esiste un canone del fumetto francese contemporaneo, Peplum di Blutch è uno dei suoi pilastri: abbastanza recente per poter dire che la sua uscita «sembra ieri» — e invece era vent’anni fa — eppure già classico. Si potrebbe persino dire che ha già stufato, che il Grand Prix al festival di Angoulême lo ha mummificato, che è tempo di passare ad altro, che troppi giovani autori se ne sono ispirati, se non fosse che in Italia il capolavoro di Blutch non era mai arrivato. Questo ci fornisce una piccola dilazione per provare a parlarne come di una cosa nuova, sconvolgente, mai vista. Mettiamo le cose in chiaro: la rivoluzione di Blutch è una rivoluzione del segno. Peplum sarà anche un libero adattamento del Satyricon di Petronio, tutto molto interessante, ma quello che conta qui è il tratto, ruvido e sciolto, jazzato. Con i suoi assoli di pennello l’autore alsaziano aggiorna l’arte dei grandi maestri dell’illustrazione otto-novecentesca, da Honoré Daumier a Gus Bofa. Perché in fondo è questa la verità della «nouvelle bande dessinée française» degli anni Novanta e Duemila, da Blutch a Blain, passando per Trondheim e Larcenet, fino a Sfar e Satrapi: un ritorno al disegno comico, alla tradizione della caricatura, all’economia del segno umoristico ma (sorpresa) per raccontare storie serie. In questo senso Peplum era anche un manifesto programmatico, il grido di una generazione che ha deciso di farla finita con il realismo in nome di un’altra idea di fumetto, più espressiva. Che bisognasse passare dal segno comico per raccontare il mondo, d’altronde, lo aveva mostrato proprio Petronio.

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