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Dettagli

1991
Libro tecnico professionale
204 p., ill.
9788833906386

Voce della critica


recensione di Fasolo, A., L'Indice 1992, n. 2

"Quale è la natura degli oggetti matematici? Hanno un'esistenza indipendente dal cervello umano, che li scopre? Oppure, al contrario, sono semplicemente il prodotto dell'attività cerebrale, che li genera?" Jean-Pierre Changeux e Alain Connes, due notissimi studiosi del Collège de France, affrontano questi ed altri interrogativi formidabili, che esplicitamente rimandano a tematiche già delineate nei "Dialoghi" di Platone. E in forma di dialogo è il confronto serrato fra il matematico e lo studioso del cervello. Ma se l'impianto del libro ha un andamento classico, le ambizioni sono di fare un'opera di totale modernità. Attraverso le nuove conoscenze della matematica e grazie agli enormi sviluppi recenti delle neuroscienze, gli antichi problemi vengono rivisitati ed acquistano ulteriori valenze conoscitive. I due interlocutori partono da posizioni molto diverse.
Il matematico Alain Connes, pur dichiarandosi materialista, crede che gli oggetti matematici possiedano una "realtà" distinta da quella sensibile. Il neurobiologo Jean-Pierre Changeux vuole realizzare un'epistemologia materialista forte, tentando di descrivere in che modo il cervello umano generi gli oggetti, inclusi quelli della matematica. L'incontro fra due discipline e due posizioni così diverse non è strumentale a descrivere le aree di interazione fra biologia e matematica, oggi assai fertili, ma vuole costituire una verifica delle rispettive "filosofie". Il dialogo si pone l'obiettivo di rispondere alla domanda "Una autentica intelligenza artificiale è realizzabile a partire dalla materia?". Un aspetto che accentua l'interesse per quest'opera è la volontà di andare oltre una riorganizzazione delle conoscenze attuali, a favore di un contributo speculativo di indole generale. Così, dopo un lungo e fitto dibattito, i due autori giungono ad una non-conclusione (o meglio ad una alternativa fra due soluzioni), che Alain Connes condensa nella frase: "Scopriamo l'armonia della realtà... oppure siamo noi a creare l'armonia della realtà?" Il matematico è indotto a questa considerazione dopo essersi dichiarato materialista, ed avere nello stesso tempo sostenuto l'autonomia degli oggetti matematici e la loro esistenza indipendente, sotto l'effetto delle tesi di Changeux. Il libro contiene infatti una riformulazione ed un aggiornamento delle teorie neurobiologiche di Changeux - già diffuse in Italia attraverso "L'uomo neuronale "(Feltrinelli, Milano 1983), a impostazione rigorosamente materialista e in qualche modo neo-meccanicista - che attribuiscono le prestazioni del cervello umano e le funzioni mentali a reti estremamente complesse, ma stabilite, di cellule nervose (neuroni).
Ma, e qui compare l'aspetto più interessante del pensiero di Changeux, il cervello deve le sue particolarità al fatto di essere un sistema in evoluzione. Il cervello non sarebbe soltanto un prodotto storico dell'evoluzione, ma è esso stesso uno strumento che si autocostruisce attraverso meccanismi di selezione. Questi processi di selezione a livello cellulare e molecolare influenzano e stabilizzano i circuiti nervosi e costituiscono le basi di un processo di selezione e di modellamento delle funzioni esplicate ai vari livelli organizzativi superiori (che vanno sino a quello della "ragione" kantiana, che in termini di architettura del sistema corrisponde ad "associazioni" di "assemblee" di neuroni). Questa visione, che si autodefinisce un "darwinismo generalizzato", è divenuta di grande importanza nelle neuroscienze negli ultimi anni, quando è stato finalmente possibile comprendere i meccanismi attraverso i quali si costruisce il cervello durante lo sviluppo. Changeux (e per vie diverse, Gerald Edelman, col suo "Neural Darwinism", Basic Books, New York 1987) ha fornito un'autorevole e convincente trama esplicativa a tutte le osservazioni, classiche e moderne che dimostravano importanti fenomeni di selezione (e morte cellulare) durante lo sviluppo normale del sistema nervoso. Veniva in questo modo posto l'accento sull'importanza fondamentale dello sviluppo individuale "epigenetico", basato su meccanismi di variazione-selezione.
Changeux in questo libro amplia ulteriormente la sua teoria e suppone che la transizione da un livello dato ad un altro richieda due componenti fondamentali: un generatore di diversità ed un sistema di selezione. Ad un certo livello, si vengono così a comporre delle "forme" transitorie che, oltre a risentire delle regolazioni proprie del livello d'appartenenza, si manifestano al livello d'organizzazione immediatamente superiore. Se la funzione espressa è selezionata in modo favorevole, avviene una stabilizzazione della forma. Così una novità apparsa a livello cellulare può contribuire a produrre nuovi circuiti ed archi riflessi ("i mini-cervelli"), che a loro volta possono creare nuove assemblee di neuroni e variare le concatenazioni fra le assemblee. Attraverso un meccanismo di questo genere una variazione dei livelli più bassi (molecolari e cellulari), se adeguatamente selezionata e rinforzata alla lunga può manifestarsi ai livelli dell'"intelletto" e della "ragione". In questo modo Changeux riesce a far integrare i livelli diversi d'organizzazione e a prevedere un generatore di variabilità legato sia ai fattori biologici in senso stretto (variabilità genetica, ambiente cellulare,...), sia ai fattori ambientali (incluse l'esperienza del mondo fisico, la percezione, la memoria). Viene cosi proposto un "darwinismo mentale" in continuità con il darwinismo neurale e che ne utilizza i prodotti selezionati ai livelli più bassi (i neuroni e le loro connessioni) per produrre delle "assemblee" di cellule capaci di produrre spontaneamente delle attività superiori. Quanto più queste attività costituiscono rappresentazioni congrue del mondo esterno, tanto maggiori sono le possibilità che esse vengano stabilizzate e selezionate.
Come si vede, Changeux propone una forma piuttosto rigida di determinismo (fondata però sull'epigenesi del sistema, piuttosto che sul "potere dei geni"). La teoria può apparire un poco scarna, ma bisogna ammettere che si è dimostrata in accordo con i dati sperimentali ed è feconda di proposte di ricerca neurobiologica. Tutte le indagini promosse sulla plasticità sinaptica, sulla stabilizzazione dei fenotipi neurali, sulla "cibernetica" delle comunicazioni cellulari nello sviluppo devono moltissimo alla teoria di Changeux (ed alle ricerche da lui condotte in prima persona!).
Il libro è interessante anche per i suoi limiti: un lettore informato su problemi di filosofia o di scienze cognitive coglie facilmente certe ingenuità di argomentazione o la scarsa rilevanza attribuita nei fatti ai problemi dell'intelligenza artificiale. Changeux critica esplicitamente i funzionalisti "che arrivano persino ad affermare che la natura fisica del cervello non impone alcun vincolo all'organizzazione del pensiero" (p. 151) e riafferma la validità metodologica di una impostazione che cerchi di "penetrare all'interno della "scatola nera" e selezionarla per ridurre e poi ricostruire un processo fisiologico" (p. 154). D'altra parte, quanto è difficile fare della reale interdisciplinarità con esperti di campi disciplinari diversi, anche quando l'oggetto è transdisciplinare, come nel caso del cervello e della mente! Il dialogo fra il matematico e il biologo, pur rappresentando un confronto aperto, lascia alla fine ciascuno a coltivare il proprio campo disciplinare. La difficoltà del dialogo (e la sua necessità) sono chiare a tutti coloro che si occupano di neuroscienze. Ma come deve realizzarsi questo incontro? E fra chi? Recentemente un altro libro in forma di dialogo ha visto a confronto un neurobiologo ed un filosofo - K. R. Popper, J. C. Eccles., "L'Io e il suo cervello", Armando, Roma 1981 - giungere a conclusioni unitarie (e ben diverse da quelle di Changeux!). Ma in quel caso il biologo aveva assunto le impostazioni del filosofo... Nel mondo da qualche anno si sono susseguiti incontri, tavole rotonde e altre forme di socializzazione scientifica sui problemi della mente e del cervello, ma di quanto sono mutati i programmi di ricerca dei singoli partecipanti? Questa divisione di saperi continua a persistere anche a livello di recensione: per abito professionale e per competenze un libro del genere sarà recensito per la biologia da un biologo, per la matematica da un matematico.
Ma il libro può stimolare anche altre riflessioni: ad esempio, quale è la legittimazione di uno scienziato nel discutere di problemi generali, specialmente nel campo minato delle scienze cognitive e mentali, tradizionale appannaggio di filosofi e logici. Come può lo scienziato estrapolare dal suo campo specifica d'esperienza e porsi in relazione ad un campo diverso di cui conosce in modo non professionale i contenuti. E viceversa come può un filosofo comprendere a fondo la logica interna di determinati risultati delle neuroscienze. In altri termini, il pericolo è che lo scienziato riinventi Lamettrie o Platone, e che il filosofo non comprenda la lontananza siderale che esiste (almeno ora) fra l'usare le reti neuronali come strumento di lavoro sperimentale e utilizzare queste reti come modello filosofico. Per una vera interdisciplinarità (ammesso che sia possibile e desiderabile sempre) la strada è ancora lunga, ma certo passa anche attraverso libri imperfetti e pieni di stimoli intellettuali, come quello di Changeux e Connes.

recensione di Luccio, R., L'Indice 1992, n. 2

Nel leggere questo libro, si può tentare di rappresentarsi gli autori. Io mi sono figurato (del tutto arbitrariamente, ovvio) il neurobiologo Changeux come certi medici positivisti, materialisti e deterministi, cari a una tradizione letteraria un po' antiquata, sempre pronti a battagliare con il parroco nell'affermare che la scienza ha dimostrato che Dio con tutto il suo armamentario può essere tranquillamente messo in soffitta. E di contro mi sono figurato Connes, il matematico sicuro in qualche modo dell'esistenza degli enti matematici al di fuori di noi, da trovare e non da costruire con la nostra attività cerebrale, come uomo mite che finisce progressivamente per adeguarsi alla visione dell'incontenibile Changeux.
Vi è un passo rivelatore del modo di ragionare di Changeux, che troviamo nella discussione relativa al principio di indeterminazione nella meccanica quantistica (pp. 67 sgg.). Invano Connes cerca di spiegare a Changeux che l'indeterminazione non è dovuta all'incompletezza della teoria, o alla incapacità di determinare dei parametri pertinenti da parte dei fisici, ma è insita nella teoria. Per Changeux si tratta di un "insuccesso " che "l'inconscio [dei fisici] si rifiuta di riconoscere" (p. 74); "non vi è indeterminazione fondamentale [quanto osservato] potrebbe, in fin dei conti, essere spiegato un giorno o l'altro in forma deterministica " (p. 71); "forse esiste un altro modello cui i fisici non hanno ancora pensato" (ibid.); "un giorno si potrà giungere a una spiegazione più razionale" (p. 72, il tondo è mio); "Se conoscessimo gli eventi... renderemmo [il] fenomeno riproducibile" (p. 73); "la teoria [dell'indeterminazione] non funziona" (ibid.); "l'indeterminazione misteriosa di cui parlano un certo numero di fisici non ha molto senso... [è] lo stato delle nostre conoscenze [che] non ci permette ancora di dominare queste nozioni" (p. 74). Be', l'"intelligenza onnicomprensiva" di Laplace si prende la sua bella rivincita!
Come dicevo all'inizio, Changeux e Connes sono appieno dei sostenitori della teoria dell'identità, che afferma che gli eventi mentali sono semplicemente eventi cerebrali; più in particolare, sono dei sostenitori (anche se non esplicitamente) della teoria dell'identità dei tipi. Secondo questa concezione ogni evento (stato, processo...) mentale si identifica sempre e necessariamente con un determinato evento cerebrale - ad essa si oppone la cosiddetta teoria dell'identità delle occorrenze, che si limita a dire che ogni evento mentale è uno stato particolare cerebrale.
Si badi che tra le due teorie c'è una profonda differenza. L'ultima lascia aperta infatti la strada alle concezioni funzionalistiche, secondo le quali non ha praticamente importanza il substrato materiale che è alla base degli stati mentali.
In altri termini, concezione che Changeux e Connes respingono, gli stati mentali potrebbero essere stati di un cervello costituito in modo radicalmente diverso dal nostro: per esempio, di un calcolatore.
Vediamo allora l'organizzazione del cervello che viene proposta. L'attività mentale può essere descritta a tre livelli, con qualche differenza tra i due. Per Changeux si possono distinguere: 1) il livello della rappresentazione, 2) dell'astrazione della rappresentazione in concetti, e infine 3) di un'astrazione di livello più elevato. Per Connes, invece, i tre livelli sono quelli 1) del calcolo, 2) della capacità di capire errori e di proporre strategie alternative, e infine 3) della scoperta.
Ma i livelli mentali sono livelli di organizzazione cerebrale; gli stati e i processi mentali relativi sono stati e processi cerebrali. I livelli cerebrali sono allora quelli 1) delle cellule, 2) delle "assemblee" di neuroni, 3) di assemblee di assemblee. (È curioso che il nome di Hebb non venga mai citato, anche se fu lui a proporre per la prima volta una organizzazione del genere nel 1949). Viene previsto una sorta di meccanismo di darwinismo mentale, che regola il funzionamento delle sinapsi che uniscono, secondo questi livelli, i diversi neuroni.
Certo, quanto più ci si diparte dal primo livello gli stati e i processi cerebrali ipotizzati, che costituiscono gli stati mentali, diventano sempre meno prossimi a una verifica empirica, e spesso abbastanza fantasiosi. È così per le relazioni tra emisfero destro e emisfero sinistro (p. 134), per la "risonanza" tra strutture corrispondenti a concetti simili o congruenti, che consentirebbe il processo creativo (pp. 138 sgg.); e gli esempi si potrebbero moltiplicare.
Ma è un altro il punto da discutere. Gli autori sono perfettamente consapevoli dell'enorme complessità del sistema nervoso, e della necessaria estrema variabilità dell'organizzazione sinaptica che si può riscontrare. Eppure le rappresentazioni mentali appaiono stabili, a dispetto di questa variabilità. Occorre allora capire come si conservino degli invarianti. La proposta di Connes, di utilizzare degli strumenti topologici (i complessi "simpliciali") per affrontare il problema è di indubbio interesse. Ma non è qui il punto.
Changeux e Connes, nell'ammettere che a strutture variabili possono corrispondere eventi mentali invarianti, di fatto entrano in contraddizione con la loro affermazione di identità di tipo. Cosa rimane, infatti, di questa identità? Il fatto che la base debba essere costituita da neuroni umani, anche se organizzati in modo diverso? E questo quando sempre più appare chiaro, dallo studio delle reti neurali, che la rappresentazione è in larga misura proprio nelle connessioni tra unità? Che le rappresentazioni vanno viste (almeno anche) a livello subsimbolico, come pattern dei "pesi" delle connessioni? E Changeux, tra l'altro, con le reti neurali lavora!
Ma se a differenza di struttura può corrispondere invarianza di stati mentali, perché negare la possibilità, per esempio, che la base materiale sia costituita dai circuiti di un calcolatore, magari (non è questo che mi interessa discutere) organizzati secondo gli stessi tre livelli proposti per il cervello? Ancora una volta, è rivelatore di un certo modo di pensare quello che i nostri dicono dei calcolatori. Changeux (p. 119) afferma: "... il cervello non funziona come... un calcolatore che serve a giocare a scacchi. Non tutte le possibilità vengono prese in considerazione e valutate". Peraltro, se questi sono i calcolatori che Changeux ha in mente, si tratta di caricature: fin dal 1956 Newell, Shaw e Simon avevano chiaramente negato la possibilità di far giocare a scacchi un calcolatore facendogli valutare esaustivamente tutte le possibilità, e avevano indicato le procedure euristiche di soluzione.
Changeux, è vero, parla anche di calcolatori "neuromimetici", ma non sviluppa l'argomento, limitandosi ad affermare che sono in una fase molto arretrata di sviluppo (p. 143). Di fatto, ciò su cui gli autori si mostrano concordi è che, come dice più volte Connes, quello che definitivamente distingue la mente e il calcolatore è che la prima possiede una funzione di valutazione e un'intenzionalità, il secondo no. O meglio, "la funzione di valutazione, come l'intenzionalità, è sempre fornita in anticipo " (p. 156). Stabilito che evidentemente, se parliamo di intenzionalità, dobbiamo parlare più in generale di atteggiamenti proposizionali (desideri, credenze...), il problema è se esiste, al di là delle petizioni di principio, una dimostrazione empirica della corrispondenza di ogni funzione di valutazione e di ogni intenzionalità con uno e un solo stato o processo cerebrale; e se di principio può essere negato che un calcolatore sviluppi autonomamente funzioni di valutazione e atteggiamenti proposizionali. Personalmente, specie per quel che riguarda le prime, sono convinto che la risposta sia negativa in entrambi i casi. Da questo punto di vista, sia pure su realtà molto semplici, i lavori che si stanno facendo sulla "selezione naturale" di reti neurali vanno esattamente in direzione opposta a quanto affermato. E il problema degli atteggiamenti proposizionali è oggi il vero e proprio cuore della filosofia della mente, e non credo che lo si possa risolvere così sbrigativamente.
Nel 1989, Changeux aveva scritto con Dehaene un articolo per "Cognition ", in cui esponeva gran parte delle tesi che formano il nocciolo di questo libro, specie sul piano dei modelli neurali. Diverse volte in quest'articolo si ripeteva che lo scopo degli autori non era quello di contribuire a un dibattito filosofico, ma semplicemente di fornire spunti di discussione offrendo ipotesi e modelli di organizzazione neurale. È un po' un peccato che Changeux e Connes non abbiano voluto porsi questo limite anche in questo libro. O forse, è proprio questa assenza di limite, e quindi l'impulso che genera a discuterlo, che ne costituisce il fascino.

recensione di Conte, A., L'Indice 1992, n. 2

Il secolo che sta per finire sarà sicuramente ricordato, per quanto concerne lo sviluppo della matematica, come quello in cui sono stati compiuti i progressi più importanti sia qualitativamente sia quantitativamente, con un'intensità di scoperte innovative confrontabile soltanto con quella che si era verificata nel Seicento con l'invenzione del calcolo infinitesimale. Giustamente, quindi quella che stiamo vivendo è stata chiamata nuova età dell'oro della matematica, in quanto la pervasività di questa disciplina, che è una delle caratteristiche peculiari della cultura e della civiltà occidentali, ha raggiunto un grado elevatissimo, tanto da non lasciare estraneo quasi nessun settore della scienza e della tecnologia. Questo risultato, che sta alla base della maggior parte delle più importanti innovazioni tecnologiche di questi ultimi decenni, è stato dovuto a due serie di cause principali. Innanzitutto, è enormemente aumentato il numero dei matematici professionisti, tanto che si calcola che il numero di quelli attualmente in attività sia maggiore della somma di tutti quelli che lo sono stati nelle epoche precedenti. Questo solo dato ha fatto sì che il numero dei problemi, non necessariamente di difficoltà estrema, affrontati e risolti sia cresciuto vertiginosamente, spostando contemporaneamente in avanti i confini di tutte le branche della matematica. Nello stesso tempo, a partire dalla metà degli anni settanta, le teorie matematiche astratte che erano state sviluppate in questo secondo dopoguerra e che avevano dato luogo a grandiose teorie largamente unificanti (basti qui citare la creazione, da parte di A. Grothendieck, delle coomologie su un 'topos' che hanno consentito di ottenere importantissimi risultati in teoria dei numeri, in algebra, in geometria algebrica, fra cui le dimostrazioni della congettura di Mordell e di quelle di Weil) hanno incominciato a essere applicate, prima alla soluzione di problemi matematici più concreti, e poi di quelli delle altre scienze, con un significativo processo di allargamento che, a partire dalla fisica, ha coinvolto successivamente l'informatica, la chimica, l'economia, la sociologia, la biologia. Per quest'ultima, in particolare, speciale rilevanza hanno rivestito la teoria delle catastrofi di R. Thom, con le sue applicazioni alla spiegazione dei fenomeni di morfogenesi, e le teorie del caos deterministico nei sistemi dinamici non-lineari dovute a D. Ruelle, che danno luogo alla geometria degli oggetti frattali, le cui immagini realizzate con le tecniche della grafica computerizzata godono oggi di una larghissima popolarità anche al di fuori della cerchia degli scienziati.
È questo lo sfondo matematico su cui si dipana il confronto fra Connes e Changeux, con la classicità di un dialogo platonico e la semplicità di linguaggio che contraddistingue i grandi scienziati. Il suo tema è presto spiegato. S. Ulam defin una volta la matematica come l'interfaccia fra cervello e mano. In questo volume il matematico Connes e il neurobiologo Changeux si interrogano sulla natura di questa interfaccia, sulle modalità con le quali essa si interconnette con il cervello umano e sulle possibilità di riprodurne artificialmente il funzionamento. Il loro approccio è rigidamente materialistico, nel senso che ogni tentativo di spiegazione deve essere rigorosamente ricondotto alle sole leggi della fisica e della chimica, ma diverge radicalmente, almeno all'inizio, per quanto riguarda la natura dei concetti matematici. Per Connes, che si riallaccia in ciò al la tradizione platonistica che è sempre stata prevalente fra i matematici, essi esistono autonomamente e indipendentemente dall'uomo e dal suo cervello. Per Changeux, essi "non esistono se non nei neuroni e nelle sinapsi dei matematici che li producono e di coloro che li capiscono e li usano" (p. 18). A partire da questo spunto, il dialogo affronta via via tutti i temi più attuali che legano fra loro matematica e neuroscienze: la molteplicità dei livelli di organizzazione del cervello e il posto occupato nella loro scala gerarchica dai ragionamenti matematici; l'organizzazione parallela di mappe neurali multiple e la codificazione di attività macroscopiche mediante assemblee di neuroni; la gerarchizzazione della memoria a lungo termine mediante meccanismi topologici e la nozione ad essa connessa di complesso simpliciale iperbolico; la natura di sistema evolutivo posseduta dal cervello e la possibilità di spiegare mediante essa lo svolgersi del pensiero e del ragionamento matematico, la fondatezza o meno dell'ipotesi che sta alla base dell'intelligenza artificiale secondo la quale funzioni superiori del cervello possono essere simulate da un computer (macchina di Turing); il significato del teorema di Goedel in eurobiologia e il suo possibile uso per escludere la possibilità di costruire una macchina capace di riprodurre integralmente il funzionamento del cervello umano; il ruolo del caso nell'attività creativa e la necessità di tenerne conto per riprodurla artificialmente.
È un libro importante, che, fin dalla sua prima pubblicazione in Francia nel 1989, ha attirato su di sé l'attenzione di matematici e biologi e suscitato un ampio dibattito che ha coinvolto anche neuroscienziati, informatici e filosofi della scienza. Esso si distingue, però, da altri testi che trattano di problemi scientifici, e che pure hanno avuto negli ultimi tempi vasto successo di pubblico, per la capacità di unire il rigore scientifico delle tesi che vi vengono sostenute con una leggibilità e una chiarezza che lo pongono alla portata di un qualunque lettore colto, consentendogli così di impadronirsi di tematiche che si situano in uno degli snodi fondamentali della scienza contemporanea. La sua traduzione in italiano costituisce pertanto un evento significativo, che segna una salutare inversione di tendenza rispetto alla politica praticata dalle principali case editrici volta a privilegiare la pubblicazione di testi che, al di là del successo di mercato, troppo spesso contengono tesi e affermazioni che non sono per nulla suffragate dai risultati cui è pervenuta la ricerca scientifica contemporanea. Valgano per tutti, come esempio, i molti volumi che propagandano l'ipotesi cosmologica del Big Bang come dotata di una validità definitiva che è lungi dall'essere stata provata.
Dal punto di vista strettamente matematico, le considerazioni svolte da Connes sono del più alto interesse. L'autore è una medaglia Fields (l'equivalente del premio Nobel che, come si sa, per la matematica non esiste) che ha compiuto ricerche fondamentali concernenti l'applicazione delle tecniche della geometria algebrica non-commutativa alla fisica teorica. Qui, stimolato dalle domande e dalle puntuali contestazioni del suo interlocutore, egli riesce a tracciare un panorama esemplare della matematica contemporanea e delle sue applicazioni alle varie scienze che va molto al di là del tema specifico del funzionamento del cervello umano e che costituirebbe già da solo motivo sufficiente per raccomandare la lettura del volume a chiunque sia interessato a comprendere gli sviluppi più recenti di questa scienza. Il suo assunto platonistico iniziale si stempera nel corso della discussione fino a rimanere soltanto una delle possibili alternative, riassunte da Changeux con queste parole: "Torniamo dunque al problema di partenza... Nel primo caso, esiste nel mondo un'armonia prestabilita, e allora viviamo in un mondo platonico. Nel secondo cerchiamo soltanto di favorire la risonanza armoniosa del mondo esterno con il mondo interno che ci sforziamo di edificare" (p. 163). Ma l'interesse epistemologico della sua posizione (e di quella costruttivistica di Changeux) rimane alto e costituisce comunque uno dei temi più significativi fra quelli trattati nel volume. Rimane così confermata una delle caratteristiche peculiari (e, a mio giudizio, negative) del panorama filosofico contemporaneo, e cioè la ormai quasi totale assenza della voce dei filosofi (della scienza e non) dai dibattiti scientifici. Oggi sono gli scienziati che affrontano direttamente e in proprio i problemi filosofici sollevati dallo sviluppo della propria disciplina. E se questo costituisce un fatto positivo rispetto all'atteggiamento di malcelato disprezzo per le questioni epistemologiche ostentato dalla maggior parte degli scienziati della prima metà del secolo, l'afonia dei filosofi priva comunque le scienze di un contributo critico fondamentale per il loro sviluppo.
I temi trattati nel volume sono oggi al centro di una rivoluzione tecnologica concernente l'architettura dei computer che presto incomincerà a diventare visibile anche ai non specialisti. La nozione di rete neuronale, che si giova degli studi più avanzati delle neuroscienze sulla struttura del cervello umano, ha portato alla costruzione di macchine ad architettura parallela ('connection machines') o al parallelismo massiccio ('computer surfaces') le cui prestazioni sono già oggi confrontabili con quelle dei più potenti supercalcolatori vettoriali. Il sogno di costruire una macchina capace di riprodurre le facoltà razionali e inventive della nostra macchina cerebrale appare oggi un po' più vicino e forse meno irraggiungibile che nel passato, anche recente.

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Jean Pierre Changeux

1936

Jean-Pierre Changeux (1936), neurobiologo e docente all’Institut Pasteur di Parigi, si è dedicato allo studio della struttura molecolare dei canali di membrana e dei recettori, e quindi alla comunicazione chimica nel sistema nervoso, all’apprendimento e alle funzioni cognitive. Con Feltrinelli sono usciti L’uomo neuronale (1993) e L’uomo di verità (2003).

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