Pelle di corteccia

penso che sia una bella telenovela di una bianca che si sente in colpa per tutto ciò che è successo in america è un susseguirsi di trame ( da telenovela) infinite con una base di senso di colpa ridicolo chissà quanti alberi hanno dovuto sacrificare per stampare i suoi libri.. ottimo da spiaggia... terribile

"Non c'è nulla nel mondo naturale, nessuna foresta, nessun fiume, nessun insetto o foglia che abbia un valore intrinseco per l'uomo. Niente ha valore, tutto è sacrificabile, a meno che non scopriamo come trarne vantaggio; anche il più appassionato amante dei boschi la pensa così. Gli uomini si comportano da padroni. Decidono cosa crescerà e cosa morirà. Credo che l'umanità si stia evolvendo in una terribile nuova specie, e mi rincresce farne parte". Ho appena finito Pelle di corteccia, un bel romanzo che, attraverso un'epopea familiare (di due famiglie in particolare) che dura secoli, racconta in modo molto efficace come stiamo riuscendo a distruggere il nostro patrimonio naturale ed interi ecosistemi, a causa dell'avidità e dell'etnocentrismo. La narrazione si focalizza su quello (i numerosi danni) che i coloni europei hanno fatto in America del nord ma poi si allarga anche in altre parti del mondo, ribadendo con forza un pensiero ecologico: tutto quello che troviamo in natura, anche se può darci fastidio o ledere le nostre abitudini, ha un motivo per esserci. A volte eliminare anche il più piccolo tassello di un sistema ecologico porta a danni che non possiamo immaginare. Un libro molto istruttivo e pieno di spunti di riflessione, soprattutto in tempi dove si distingue sempre più tra una casa nostra e una casa loro, senza renderci conto che siamo tutti sulla stessa barca e che quella barca sta affondando.

Purtroppo sono arrivata all'ultima pagina di questo straordinario libro:avrei voluto che continuasse all'infinito, vorrei che il lavoro dei gruppi di rimboschimento salvassero il pianeta, le grandi foreste falcidiate per i nostri parquets, per i nostri libri, per il nostro riscaldamento... Annie Proulx, scrittrice canadese, ci racconta come al termine del diciassettesimo secolo ebbe inizio la distruzione delle foreste della Nuova Francia (come sichiamava allora il Canada), del Maine e perfino quelle della NuovaZelanda, seguendo la vita di due francersi: Paul Sel e Charles Duquet, emigrati in Canada con un contratto capestro di tre anni. Il primo avrà una vita disperata e misera, l'altro, fuggito a quella specie di schiavitù, anglicizzerà il cognome in Duke e diventerà un ricchissimo commerciante di legnami, incurante delle lotte dei popoli indigeni delle foreste che persero il loro territorio a causa del disboscamento, degli allevamenti di bestiame e dell'industria estrattiva. Non manca la poesia in queste pagine, non manca l'Amore per questo pianeta, non manca lo stimolo al risveglio ad una attenzione ai polmoni della terra, agli umani. Non posso che sollecitarne la lettura, anzi, vi prego di leggere questo magnifico libro.