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Anno edizione: 2002
Anno edizione: 2019
Anno edizione: 2019
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Questo romanzo erotico, composto nel 1934 (mentre l'antifascista Cajumi si ritirava dalla scena pubblica), stampato la prima e unica volta da Franco Antonicelli nel 1947, riappare oggi come un'opera quasi inedita. Il passaggio di Venere racconta la villeggiatura con una donna qualsiasi di Giorgio Silva, diplomatico per professione, dandy per diletto, e fuori carriera per scelta civile. E come l'amore mercificato e senz'impegno di un mese al mare si trasformi poi, quando la donna sarà uccisa, nell'atto gratuito di un amore nero, fatale. Completano il racconto due posteriori interventi, Un uomo di quarant'anni e L'egoista, che rifiniscono il personaggio maschile; e l'insieme aggiunge al libertinaggio intellettuale, che fu la cifra di Cajumi, la componente di quest'altro interesse per la fisiologia del sesso e del sentimento. Il torinese Arrigo Cajumi (1899-1955), liberale e libertino, ma amico stretto del cattolico militante Pietro Paolo Trompeo a cui l'erotico romanzo è dedicato; un tecnico, un ragioniere passato alla letteratura, ma più europea che italiana, più ottocentesca che novecentesca; un cultore di Stendhal e di Sainte Beuve: infine, un nome pungente, un profilo fra i più spiccati in due momenti della cultura, quello delle riviste di Gobetti e quello del "Mondo" di Pannunzio. Corrispondente dall'estero e collaboratore della "Stampa" prima e dopo il fascismo, ebbe nel romanzo l'ambizione di rappresentare la crisi dei valori borghesi e di una società. Non ne è sempre all'altezza il protagonista, arioso e un po' misogino. Assai migliore invece Anna, in cui si disegna un tipo di bella ragazza senza qualità, una tipica storia di piccola borghesia con le sue belle ragazze in bilico fra matrimonio e prostituzione. "Le lagrime pronte, come la risata", scrive il misogino.
Lidia De Federicis
Pubblicato per la prima volta nel 1948 presso De Silva, la casa editrice di Franco Antonicelli, «Il passaggio di Venere» rivelò il lato «sentimentale» di un uomo di cultura fino ad allora conosciuto e apprezzato come lucido osservatore dei costumi e della politica del nostro paese, in anni cruciali come quelli della prima metà dello scorso secolo. Come scrive Lorenzo Ventavoli nell’introduzione, in questo scarno romanzo «si ritrova pagina dopo pagina tutto il mondo e l’esperienza intellettuale e pratica di Cajumi. Le sue letture, ma anche gli sfondi dei suoi soggiorni, il suo disprezzo intellettuale, ma anche il suo pudore; [...] tutta intera la sua sorprendente cifra stilistica, questa capacità di dipingere con poche battute un personaggio e i suoi stati d’animo senza affliggerci con dei teoremi, proprio al modo di Jean-Paul Toulet, suo prediletto». I due protagonisti, il diplomatico Silva e la signorina Anna sono perfettamente delineati, e «la loro rapida discesa nelle spire di un amore vero, nato all’ombra di una vacanza a Grado allietata da una ragazza affittata per l’occasione, si snoda nelle veloci scene di un dramma borghese cui fan da contorno alcune figure emblematiche di una società già in inarrestabile disfacimento (siamo negli anni ’30). Industrialotti rampanti, mogli infedeli, chiacchiere da nulla, vite senza senso. E poi qualche traccia del tempo – Mistinguett, “No, No Nanette” – e soprattutto il presentimento di ore gravide di minacce per l’Europa, per la crisi dei valori, per la debolezza delle democrazie».
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