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Con questo saggio Maria Cristina Solfanelli ha inteso discernere delle relazioni fra il poeta e gli animali da cortile, quelli cioè della campagna da cui lui proveniva e a cui è sempre stato affettuosamente legato. Pascoli non ebbe degli ottimi rapporti con gli uomini, troppo egoisti e soprattutto mancanti di quell'innocenza riscontrabile negli animali, sempre sinceramente se stessi. Ma pure nella vita del poeta le bestie sono presenti e appunto c'è uno specifico capitolo del saggio intitolato Gli animali di casa Pascoli. Quando il poeta avrà una casa con giardino, gli ospiti saranno molteplici e le cure a loro dedicate particolari e attente. Quando poi ne muore uno, è un lutto familiare. Certo che potrebbe venir da pensare che Pascoli esagerasse un po', che la sua psiche complessa, segnata dal fatto di aver dovuto diventare improvvisamente adulto alla morte del padre, presentasse delle stranezze e ciò è vero, ma con ogni probabilità si trattava di eccessi nel rapportarsi con il mondo esterno e non che la visione di come avrebbe dovuto essere questo fosse sbagliata. Forse il problema è che il poeta, catapultato in un mondo di adulti, quando ancora era adolescente, non riuscì a maturare quell'esperienza di tutti i ragazzi che li porta a entusiasmi e a delusioni, fortificandone il carattere per giungere alla consapevolezza che il mondo degli uomini è il palcoscenico di un teatro in cui tutti gli attori cercano spesso invano di interpretare se stessi. Ma i veri attori che riescono in questo sono solo gli animali, perché in loro resta sempre l'innocenza originaria. Per conoscere qualcosa di più su questo grande autore questo saggio è quindi in un certo senso indispensabile ed è per questo che ne consiglio vivamente la lettura.
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