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Di Paolo VI (Giovanni Battista Montini, Concesio-Brescia 1897 - Roma 1978), l'infaticabile innamorato di Cristo e della sua Chiesa, per la prima volta, se ne tratteggia qui la figura nella sua interezza: formazione, personalità, psicologia, sentimenti; e se ne analizza l'impronta nella Chiesa, prima come sacerdote (1920), poi come arcivescovo di Milano (1954) e cardinale (1958); infine, come papa (dal 21 giugno 1963). Vengono ripercorsi i suoi ruoli nella Chiesa di Pio XII, nella diocesi ambrosiana, e nella Chiesa del concilio Vaticano II e del postconcilio e anche la sua posizione nella politica italiana, sfatando, attraverso documenti, alcune distorsioni su di lui (come l'immagine del vescovo e del papa di «sinistra», il papa indecisionista e quant'altro: effetti di una precisa strumentalizzazione). La politica gli era familiare: il giovane Giovanni Battista per anni aveva visto in casa la presenza, fra gli altri, di Alcide De Gasperi, perché il padre era stato membro attivo del Partito popolare italiano a Brescia. Personalità complessa e dall'alto profilo intellettuale e spirituale, nobile d'animo e di portamento, intellettuale raffinato costantemente proiettato nel divino ma fermamente poggiato in terra a favore dell'umanità, Paolo VI diviene una figura scomoda (troppo colto e troppo profondo) e persino impopolare per le sue scelte (Humanae vitae): come Mosè, rimane il papa-profeta che ha indicato alla Chiesa e al mondo le vie da percorrere per la salvezza. Si annotano di lui diversi primati: ad esempio, i primi viaggi nei 5 continenti; in Terrasanta; la Via Crucis all'Anfiteatro Flavio; la promozione della Giornata Mondiale della pace; il dialogo ecumenico.
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