L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
IBS.it, l'altro eCommerce
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Tutti i formati ed edizioni
Promo attive (0)
Non si può non plaudire all'iniziativa di raccogliere un'antologia degli scritti di Paolo Fossati: recensioni, presentazioni, prefazioni, conferenze che hanno affiancato per un quarantennio i libri e le curatele più noti. Soltanto una scelta, com'è ovvio, nella lunga bibliografia fossatiana e ordinata per capitoli che provano a sfaccettare, nelle sue molte dimensioni, la fisionomia difficile dell'autore: storico dell'arte contemporanea, critico militante, "lettore di professione" per la casa editrice Einaudi. Non una raccolta di pezzi minori, come la destinazione occasionale potrebbe suggerire, perché l'intensità del ragionamento critico è pari ai saggi celebri sull'arte italiana del Novecento; e neppure un libro rassicurante, come avrebbe potuto risolversi un florilegio in memoriam a dieci anni dalla scomparsa dello studioso: inesauste persistono le provocazioni, i capovolgimenti di prospettiva, la sconfitta dei luoghi comuni che nei testi maggiori di Fossati hanno aiutato a divaricare il tessuto novecentesco dove era reso più compatto da pregiudizi ciechi (pittura e scultura nel ventennio fascista) o etichette assolutorie (futurismo, metafisica, valori plastici).
Vero critico del contemporaneo, Fossati esercitava con caparbia irriverenza il diritto di giudicare, cioè prendere posizione davanti all'opera, per definirne il valore dentro la storia: poteva essere la lettura smagata dell'Autobiografia di Alice Toklas di Gertrude Stein che nulla concedeva alla mitologia del cubismo parigino e svelava piuttosto i meccanismi di una fortunata messa in scena letteraria, "un piccolo capolavoro di insinuazione, di vanagloria e di reticenza"; l'interrogazione insistita degli scritti di Roberto Longhi, con la generosa disseminazione di intuizioni che meriterebbero seguito (ma "chi è in condizione di discuter date alla mano di metodo storico e Toesca, di cultura figurativa e 'La Voce', di studi d'archeologia e di Venturi, per rintracciare un minimo di vicenda e di tessuto?"); o ancora gli affondi nella pittura di Giorgio Morandi. Si sbaglierebbe infatti a presumere un eccesso di protagonismo nel lavoro discriminatorio condotto da Fossati, il quale resisteva alla possibilità di ricomporre in una formula persuasiva le parti delle opere (testi figurativi o scritti) smembrate dalle sue letture intelligenti: i pezzi smontati stanno ancora lì, a nostro vantaggio, per il nostro lavoro, con tutto il carico di problemi e contraddizioni che egli ha saputo destarvi.
Come osserva Gianni Contessi nella postfazione al volume, il carattere impervio della scrittura di Fossati scaturiva dall'esigenza di riversare sulla pagina la costruzione di un pensiero in atto, senza politure conclusive. Ma si sbaglierebbe ancora se si volesse limitare l'apprezzamento di questi scritti al puro ragionamento, quasi il dato visivo fosse un pretesto per discutere d'altro. Se in alcuni casi, per gli artisti meno esposti, può sfuggire la pregnanza del discorso critico per l'assenza inevitabile di riproduzioni a corredo del volume, in altri casi, per i nomi più frequentati, la priorità dello sguardo appare limpida. Anzi, quando l'astrazione del linguaggio critico avrebbe potuto trovare una giustificazione nel livello aniconico dell'immagine, come nelle opere di Luigi Veronesi, la scrittura si faceva più docile nel seguire (e insegnare a leggere) il percorso variato dei segni pittorici sulla carta. Così, nel saggio sul disegno italiano fra le due guerre, era l'analisi dei tracciati grafici (le interruzioni, le elisioni, il diverso consumo dell'inchiostro) a mettere in moto, da una postazione in apparenza liminare, questioni più ampie sulla pittura di quegli anni.
In aggiunta alle tracce delineate dai curatori, si potrebbero del resto immaginare altre modalità di attraversamento degli scritti di Fossati, grazie al regesto bibliografico compilato per l'occasione. Sottotraccia c'è Torino, luogo di vita e di lavoro, con le sue mostre, i suoi artisti, i suoi libri: le recensioni per le pagine piemontesi dell'"Unità", nella seconda metà degli anni sessanta, promettono più che la cronaca in presa diretta di una città vivace, con le sue gallerie d'arte capaci di bilanciare la modernità più arrischiata con la riflessione sul passato recente, poiché coinvolgono problemi di storiografia artistica, sollecitati dalle rassegne cittadine, e puntano ad esempio sulla necessità di mettere nella giusta prospettiva storica il futurismo, come pure il surrealismo, opponendo il rigore scientifico alle raffazzonature sbrigative; e se ne vorrebbe un'edizione completa. Oppure si potrebbero inseguire gli interventi sul futurismo, e soprattutto sul secondo futurismo, che fu esperienza specificamente torinese; o quelli sullo stesso ambiente torinese tra le guerre, con Felice Casorati, Italo Cremona, Albino Galvano; e magari provare a mescolare le carte in quei due decenni, tra metafisica, surrealismo e futurismo, per rilanciare le provocazioni di Fossati verso nuove verifiche. Federica Rovati
L'articolo è stato aggiunto al carrello
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore