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Musicista, musicologo, saggista raffinato e stilista d’eccezione, giornalista e inviato in Europa e in Africa, eterno bohémien, punto di riferimento per la prosa italiana: nessuna di queste definizioni riesce a contenere adeguatamente Bruno Barilli, che vi si sottrae in virtù di una scrittura (“grandine e spruzzaglia di rubini e diamanti”, la definì Emilio Cecchi) che sposta di continuo i centri di osservazione e i punti di vista della rappresentazione. Dopo Il sorcio nel violino, Il paese del melodramma è il secondo volume di Barilli che Einaudi propone, nuova tappa della restituzione al pubblico di uno dei protagonisti misconosciuti della nostra letteratura del Novecento. Qui spiccano due testi, che fanno da elemento conduttore di una prosa ricca di rovesciamenti e sfumature, caleidoscopica nel moltiplicarsi di dati, fatti, sensazioni: l’uno musicologico, Il paese del melodramma, dove esperienze personali e tradizione musicale italiana sono visti ed esplorati dalla capitale francese; l’altro di viaggio, Parigi, che è sì un andare al centro della Francia, ma come nodo di esperienze umane e culturali misurate con ragioni tutte italiane. Sono due forme di geografia rovesciata, in un controcanto continuo, che unisce una estrema precisione di scrittura a un ricco intreccio di riferimenti. Al loro centro sta Barilli, questo “commutatore inquieto” che trasforma la diversità in complementarità, alla ricerca di una raffigurazione che abbia sapore di capolavoro e sappia durare nel tempo. Questa edizione, curata da Luisa Viola e Luisa Avellini, accompagna il lettore in un’officina straordinaria: dai materiali apparsi in riviste e periodici alla riscrittura e ricucitura minuta di un artigiano che compone in tasselli ben ordinati libri e raccolte, senza i quali, come è stato scritto, “la nostra immaginazione letteraria sarebbe più povera”.
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