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Tullio Pericoli è artista dal talento versatile: celebre per i ritratti e per la rivisitazione di testi di Stevenson e Defoe, già da anni si dedica al paesaggio e rivela in questo genere una natura appenninica e terragna. D'altronde, nato ad Ascoli Piceno, l'Appennino è nei suoi cromosomi e lo si capisce perfettamente per il modo in cui di questa dorsale che fende la penisola sente sotto il pennello e la spatola ogni anfratto, ogni ruga, ogni distesa verdeggiante o brulla. Nella sua pittura ci sono modi e pensieri che sono per così dire secolarmente stratificati e tradizionali, nel senso che attingono alla grande tradizione rinascimentale di Piero della Francesca. Certi panorami distesi, in cui morbidi colli si succedono ai colli, con i loro alberi a far da punti esclamativo come in un testo scritto a me fanno venire a mente quell'Umbria verde così vicina alle Marche e nel suo Appennino così simile. La tonalità cromatica è ocra e verde con delle punte dissonanti che possono essere rosse e blu e gialle, ma sempre a tratti brevi immersi nel contesto uniforme della sonorità generale.
Ma in questo suo ultimo lavoro o più recente è ancor più interessante il lento disfarsi di ogni realismo o se si vuole naturalismo paesistico della tradizione rinascimentale fino all'Ottocento. Qui Pericoli ci fa sentire che lui è un pittore della modernità in senso proprio: la tela è trattata sì con il pennello, ma poi mi par di capire, se ho visto bene stesa la superficie del colore a olio così come esce dal tubetto, il pittore la lascia appena un po' ad asciugare e poi interviene con la spatola o con altri attrezzi suoi: che sono come rastrelli che incidono il colore che è sotto e formano un tessuto che ha un suo spessore e rilievo. Proprio come fanno le vanghe o i trattori che muovono la terra in una campagna ben coltivata e smossa dal lavoro dell'uomo. In tedesco bauen significa allo stesso tempo costruire e coltivare: Pericoli sa che una campagna, una terra coltivata si costruisce come una casa e si industria con i suoi attrezzi che tiene accanto alla sua tavolozza e ai suoi pennelli.
C'è nella sua pittura più recente che a mio avviso è a pieno titolo parte di una modernità molto personale, un carattere che mi fa ricordare il modo in cui il grande Piet Mondrian passò dal naturalismo e molto lentamente approdò all'astrazione dal soggetto. Capace di dipingere grandi scene, come quella che realizzò per Carlo Caracciolo e lascia ammirati chiunque arriva nella villa di Torrecchia, Pericoli ha compiuto un passo decisivo e ci dà superfici che sono esse stessa pittura senza altra connotazione. Cesare de Seta
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