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Incontrai a vent'anni "Angelo guarda il passato"( che fra l'altro ora scopro con felicità somma ritradotto da Elliott), e rimasi folgorato dalla fluviale ricchezza, dalla potenza della voce narrante, sincera all'osso e mai stanca d'amore e passione per la vita. Sarà una debolezza soltanto mia o un eccesso di romanticismo congenito, ma come si fa a non adorare un canto così magnifico, una prosa che in sè possiede incontestabili vertebre di verità e sangue di grandezza offerti rigo dopo rigo? Un giorno forse capirò perché nelle vite brevi si condensano opere sublimi, poesia e rincorsa contro un tempo di fine che soffia tanto presto. Impeto e sentimento, questo è Thomas Wolfe, una delle voci più squisite del 900 americano, un vertice letterario da vivere con travolgente e rispettosa adorazione.
Non avrà il respiro delle opere maggiori di Thomas Wolfe, quali "Angelo guarda il passato" e "Non puoi tornare a casa", ma "Orgogliosa sorella morte" rimane una lettura obbligata per chi intende la narrativa americana come un impegno e un'avventura intellettuale. Il lettore che invece concepisce i grandi spazi culturali della letteratura d'oltreoceano come un'occasione di passeggiate frettolose e di giudizi estemporanei può benissimo fare affidamento sul giudizio del Signor Travax, che in poche righe liquida con disarmante superficialità un pilastro della letteratura statunitense. Quanto al citato giudizio critico di Bukowski, esso va preso con la stessa "serietà" con cui egli si espresse in altre occasioni sparlando dei suoi colleghi. Per intenderci, si tratta di uno di quegli scivoloni in cui spesso incorrono gli scrittori quando nel loro narcisismo danno il peggio di sè (si veda su tutti ciò che anche uno come Hemingway riuscì a dire della letteratura americana, affermando che tolto Huckleberry Finn di Twain si trattava di spazzatura). Del resto, in quanto a statura letteraria, di Bukowski non ne bastano tre per fare un Thomas Wolfe. Prova ne è ciò che il massimo scrittore americano del Novecento affermò circa il valore indiscusso di Thomas Wolfe: William Faulkner, che credo abbia poco a che spartire con la Beat Generation di cui parla il signor Travax lamentando la noia che gli procurano le letture che gli richiedono un'eccessiva energia mentale
94 p. di noia interminabile, il che è se ci si pensa bene un'impresa non da tutti. Scene che si ripetono, cambia solo il modo in cui la gente muore. Il tutto condito da una moralità spicciola... 'sto quà giudica tutti, è il migliore lui e gli altri son tutti scemi, sfigati e così via. Borioso fino all'inverosimile Wolfe. Bukowski diceva che Wolfe era lo scrittore peggiore che sia mai esistito sulla faccia della terra. Il pretenzioso Wolfe. Molti altri scrittori si sono ispirati a lui, la beat generation si è ispirata a Wolfe. Ora capisco perchè i beat, ad eccezione di Burroughs, non li digerisco proprio.
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