Organsa

E soprattutto molto veritiero nel tratteggiare una famiglia proprio non da Mulino bianco anzi piena di rancori e delusioni; il destino di rassegnazione della madre è purtroppo ancora reale. Bello e toccante, mi è piaciuto.

Mi ha segnata, commossa, scossa... Vorrei poterlo dimenticare per rileggerlo di nuovo.

Ho appena finito il libro, e vorrei ricominciare subito a leggerlo. Mi è piaciuto molto perché ha sapore di verità, e questo indipendentemente da quanto ci sia di dettagliatamente autobiografico. Mi è piaciuto per come nelle pagine ha fatto vivere in modo così vivo e vero un mondo, quello degli anni 50 e 60, in questa parte della “bassa” padana in cui anche io vivo quasi da sempre, pur non essendoci nata. Un mondo però, credo, che con qualche modifica di linguaggio (pure importante) e di paesaggio potrebbe collocarsi anche in tante altre parti d’Italia. Un mondo duro, spesso anche crudele e gretto. Un mondo non “antico” nel senso poetico e nostalgico che si dà a questa parola, o almeno non prevalentemente questo. Ma nello stesso tempo un mondo il cui muoversi faticosamente verso il “nuovo” non ha niente di liberatorio o di gioioso. Un mondo di persone, donne ma non solo donne, che hanno subìto il proprio destino più che esserne artefici, che non solo non hanno inseguito una vita diversa, ma che nella fatica e nel dolore hanno rinunciato anche ai gesti e alle dimostrazioni dell’amore, della tenerezza, della comprensione. Ai sentimenti però no. Persone che ci lasciano per sempre l’eterno interrogativo, se ci volesse più coraggio, più generosità, più amore ad andarsene via, a ribellarsi, o a restare. Interrogativo che ci insegue, anche noi che siamo venuti dopo. Così rimaniamo con i nostri dubbi, i nostri rimpianti, i nostri sensi di colpa, il nostro interrogarci su quanto del nostro passato ci abbia segnato per sempre. Forse questo è un sentimento non dell'autrice ma solo mio, ma i libri servono anche a questo, a muovere qualcosa nella mente e nel cuore del lettore, no?