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La monumentaledipinta da Federico Barocci per la confraternita dei laici di Santa Maria della Misericordia ad Arezzo, opera dalla complessa iconografia che rivela la fine sensibilità coloristica dell'artista, rappresenta sicuramente un testo fondamentale per la cultura "riformata" del secondo Cinquecento, pienamente corrispondente allo spirito che animò la Chiesa in un momento fondamentale per il suo rinnovamento successivo al concilio di Trento. Quando nel 1579 ne fu conclusa la realizzazione, molti furono infatti gli artisti che, dalle terre toscane e dalle zone contermini, si misero in viaggio verso Arezzo per vederla e studiarla. La rinnovata sala del Barocci della Galleria degli Uffizi - dove l'opera pervenne alla fine del XVIII secolo - vuole ricostruire questo momento dell'arte toscana, che vide l'affermazione di pittori "la cui poetica s'informò all'orientamento della catechesi cattolica riformata, e il cui stile ebbe sovente a risentire dell'arte del Barocci" (A. Natali). Attorno al dipinto baroccesco sono state così radunate alcune pale con soggetti religiosi rappresentativi di questo indirizzo culturale e di questi ideali, dipinte da artisti quali Santi di Tito, Gregorio Pagani, Lodovico Cigoli, Lodovico Buti, Alessandro Allori, Domenico Passignano e Bernardino Poccetti. Attraverso queste opere ci possiamo così immergere in un momento di profonda rielaborazione culturale, accostando l'espressione, certo a volte austera, ma sicuramente raffinata e preziosa, della pittura segnata dalle Riforma Cattolica.
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