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Ottimo libro, come quasi tutti quelli dell'Autore, che si e' occupato, e si occupa, di alcuni aspetti meno approfonditi e trattati dalla storiografia italiana e non, nel periodo che va dal fascismo alla seconda guerra mondiale. Non e' proprio questo il caso dell'argomento oggetto di questo libro, la cui bibliografia di riferimento e' immensa. Il valore dell'opera di Oliva e' costituito dalla leggibilita' del volume, che sintetizza le stragi compiute dalle truppe tedesche e dalle variegate bande dei repubblichini fascisti nel biennio 1943-45, con una serie di utilissime note contenenti un'aggiornata bibliografia e una cronologia degli avvenimenti e della repressione antiebraica in Italia. Nelle recente e poco significativa "querelle" sulla guerra civile, che non e' stata solo italiana, ma europea, vale la pena di citare Primo Levi: "Il ricordo di un dramma, patito o inflitto, e' esso stesso traumatico, perche' richiamarlo duole o almeno disturba: chi e' stato ferito tende a rimuovere il ricordo per non rinnovare il dolore; chi ha ferito ricaccia il dolore nel profondo, per liberarsene, per alleggerire il suo senso di colpa. Qui, come in altri fenomeni, ci troviamo davanti ad una paradossale analogia tra vittima e oppressore e ci preme essere chiari: i due sono nella stessa trappola, ma e' l'oppressore, lui solo, che l'ha approntata e l'ha fatta scattare."
Ho gia altri volumi dell'autore; mi piace la sua scrittura, le semplicità e la conseguente chiarezza con le quali svolge le tematiche; anche in questo caso si offre al lettore un'ampia visione del clima storico politico delle vicende narrate, molto utili a capire ciò che successe in quei momenti; trovo giusto affermare che il prima non giustifichi il dopo, ma descriverlo aiuta a comprendere bene come persone pacifiche, donne in primis, possano trasformarsi in persone determinate a fare cose che mai e poi mai avrebbero immaginato. Lo consiglio vivamente.
Nato un po’ in risposta alle pubblicazioni di questi ultimi anni relativamente alla “resa dei conti” del 1945 ed oltre – faccio un nome a caso, Pansa - che la storiografia resistenziale non aveva approfondito granchè, il libro è troppo breve, poteva essere strutturato in maniera un po’ più corposa approfondendo maggiormente le questioni toccate. Per chi si avvicina per la prima volta alla questione può essere un’interessante guida all’approfondimento. Chi ha già “macinato” migliaia di pagine sull’argomento può tranquillamente fare a meno di comprarlo. GR
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