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Anno edizione: 2024
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«So come vanno le cose col carcere» scrive, «il carcere lo odiano tutti. Alcuni amano il carcere degli altri, per così dire»: parlarne è un gesto inevitabilmente politico, perché rivolgendo lo sguardo al carcere lo si rivolge al cuore della società, ma questo è anche e prima di tutto un libro personale, in cui ogni cosa – ritratti, riflessioni, cronaca, ricordi – è cucita assieme dalla scrittura limpida e coinvolgente di Daria Bignardi.
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Il libro racconta il sistema carcerario dall'esperienza e dalla conoscenza di chi conosce bene il carcere, di chi ha già lavorato per raccontarlo, di chi ha voluto parlare con le persone che hanno provato a modificare la realtà carceraria in Italia. Più volte emerge tra le righe, anche in maniera esplicita che il carcere è inutile, inutile per come è strutturato, per la maggior parte delle persone che finiscono in carcere perché troppo ai margini per poter avere altre soluzioni che non siano il crimine e il malaffare, per persone che sono in carcere per reati legati alla droga o alla migrazione illegale. Non è un libro "denuncia", ma è la testimonianza di una passione civile per un tema dimenticato, trattato spesso come manifesto politico, senza cura. Bignardi non teme di affrontare i nodi del sistema carcerario e repressivo, del 41 bis, del contrasto alla malavita. Forse giova poco al libro il filtro dell'autrice, della sua biografia personale che in alcuni passaggi fanno ombra e rallentano la narrazione (i riferimenti a Linosa o ad altri momenti personali). Forse il libro andava "ripulito" di troppo biografismo.
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