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L'officina del diavolo - Jáchym Topol - copertina
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Descrizione


Trasformare la memoria collettiva in un gigantesco business, rendere alcuni luoghi simbolo dei crimini perpetrati dai regimi totalitari del Novecento tra le più appetibili mete del turismo di massa, ridurre la testimonianza dei sopravvissuti a puro artificio museale e la verità storica a kitsch commemorativo: un'ipotesi futuristica o un disegno già in atto in Europa orientale? È uno dei più inquietanti interrogativi che pone l'ultimo romanzo di Topol, maestro del grottesco e unanimemente considerato l'erede di Hrabal. Il protagonista, un anonimo io-narrante ingenuo e romantico, è tra i fondatori di una comunità hippy che si propone di custodire, sfruttandola a fini commerciali, la memoria del campo di concentramento di Terezin, e accogliere turisti occidentali, perlopiù giovani globetrotter sulle tracce dei propri nonni passati per il camino. In seguito allo smantellamento del centro autogestito, egli si trasferisce in Bielorussia, dove in gran segreto un gruppo di oppositori al governo sta realizzando un progetto simile. Ad accoglierlo, tra i resti di un villaggio dove nazisti e sovietici compirono eccidi, un trip orrorifico che si snoda tra bunker, camere di tortura e fosse comuni, un agghiacciante spettacolo di vittime mummificate e morti parlanti, e la consapevolezza che alla curiosità morbosa, consumistica e superficiale degli occidentali fa da controcanto, a Est, una vera e propria congiura del silenzio.
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Dettagli

2012
25 gennaio 2012
167 p., Brossura
9788895538839

Valutazioni e recensioni

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Recensioni: 4/5
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Luce
Recensioni: 4/5

La voce narrante dell'anonimo protagonista racconta una storia fondata su luoghi ed eventi reali, con una deriva picaresca e fantasiosa dall'effetto straniante. Dall'infanzia nei sotterranei di Terezín, passando per una bizzarra comune ribattezzata Comenium, il protagonista si ritrova in un museo segreto costruito a ridosso dei resti di Chatyn'. Il museo viene ribattezzato L'officina del diavolo, a rappresentare gli orrori, poco noti, avvenuti in Bielorussia durante la seconda guerra mondiale; una delle questioni che pone il romanzo è proprio il senso attribuito ai monumenti dedicati alla memoria degli orrori del passato.

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Voce della critica

  Lebo, il cui nome in slovacco significa "oppure", è nato a Terezín ed è era nascosto sotto un pancaccio. La mamma lo aveva partorito nei giorni prossimi all'arrivo dell'Armata rossa e la sua levatrice di fortuna aveva sussurrato: "O se ne sta zitto e buono oppure lo soffochiamo". Lebo era stato zitto e, come altri, a Terezín era sopravvissuto, recando i segni di un malessere irrisolto e irrisolvibile. In seguito, diventato lo "zio" di tutti i bambini della cittadina fortificata, ne aveva guidato i giochi negli anfratti dell'ex lager, rendendo loro lieve il contatto con l'indicibile e ricevendo in cambio oggetti, ricordi, resti dei tempi della guerra. La voce narrante è il seguace più fedele di Lebo, forse suo fratello, forse no, che passa dal pascolo delle sue capre al penitenziario di Pankrác a Praga, per l'accidentale omicidio del padre, e qui diventa l'assistente del boia. Dopo aver ascoltato le storie di tanti innocenti uccisi barbaramente, cosa volete che fosse accompagnare al patibolo assassini e stupratori? Tornato nella Terezín irriconoscibile del post 1989, il giovane fiuta con Lebo l'approssimarsi dei tempi nuovi e l'estinguersi della memoria del luogo, ma coglie anche l'impareggiabile aiuto che possono fornire i "cercatori di pancacci". I figli, i nipoti delle vittime della Shoah sono assetati di particolari, cercano i pancacci dove dormirono notti d'inferno i loro parenti, sono animati da intenzioni ottime, ma sono anche capaci di mettere in piedi un'attività turistica molto redditizia. In poco tempo creano una comune improvvisata, con poca attenzione alle esigenze del fisco e, dopo numerosi solleciti inascoltati, vengono dispersi con un attacco violento delle forze dell'ordine. Il protagonista si trova catapultato in Bielorussia, dove la sua fama lo ha preceduto e i suoi contatti sono indispensabili per creare anche lì un monumento alla memoria dei quattro milioni di vittime dei due contrapposti totalitarismi. La collaborazione fra i giovani avviene in un clima di contrasto e di crescenti accuse che si caratterizzano come scontro fra Occidente e Oriente, un Occidente che sperpera e annacqua le memorie, arricchendo le agenzie di viaggi, e un non meglio definito Est che occulta il passato per costruirsi una fallace verginità politica nel presente. Al dolore per il sangue versato e per la memoria offesa, si affacciano anche biechi desideri di successo economico e di attrazione turistica. Il progetto dei bielorussi assomiglia più al padiglione degli orrori di un luna park ben equipaggiato che a un museo in grado di suscitare indignazione ed empatia, nonché di fornire elementi di conoscenza e informazione. Al memoriale di Chatyn', da non confondersi con la Katyń dell'eccidio degli ufficiali polacchi, dove furono messi a ferro e fuoco interi villaggi durante la seconda guerra mondiale, i sedicenti novelli partigiani giocano pericolosamente con la sovrapposizione fra rappresentazione del dolore e morboso voyeurismo. L'autore, Jáchym Topol, già paragonato al maestro della letteratura ceca Hrabal, tocca con sarcasmo e delicatezza temi scottanti della memoria europea, una memoria in larga parte ancora divisa, che spinge a Est ciò che non comprende o non vuole riconoscere e si riserva la patente di "occidentalità", cioè di adeguatezza, in un movimento progressivo che si dissolve con il dissolversi dei confini della stessa Europa. Donatella Sasso

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Conosci l'autore

Jáchym Topol

1962, Praga

Jáchym Topol è poeta e narratore. In Italia sono usciti i romanzi Lavoro notturno (Azimut 2006) e Andel. L'incrocio dell'Angelo (Azimut 2008). Per Einaudi ha pubblicato Artisti e animali del Circo socialista (2011) e L'officina del diavolo (Zandonai 2012).

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