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Una piacevole sorpresa. Un ritmo importante, senza cadute. Una costante leggerezza che accompagna la vita di Amalia e il suo allenamento al piacere. Perché il piacere va coltivato, atteso e poi coccolato. Stando in mezzo alle cose che ci piacciono, per non assassinare questo segreto vitale che chiamiamo felicità.
Ho sempre pensato che non siamo noi a scegliere i libri, ma loro a scegliere noi. E' il motivo per cui un giorno prendiamo un libro, lo sfogliamo, non ci attrae, e dopo qualche anno lo leggiamo e scopriamo che è il libro della nostra vita, in quel momento. I libri scelgono noi e scelgono il tempo in cui dobbiamo leggerli. Ecco, questo per me è l'hic et nunc de "Gli occhi magri" di Walter Sabbatini. Ho apprezzato molto la prosa, che è sempre ricercata, profonda, articolata, ma allo stesso tempo naturale, senza mai dare l'impressione dell'artificiosità. Ho apprezzato ancora di più la storia, che è eloquente anche se priva di molti riferimenti: non è chiaro il tempo in cui si svolge, non è individuabile con esattezza il luogo, eppure i tempi e gli spazi sono descritti dettagliatamente, quasi sceneggiati. E improvvisamente ci si trova ad essere, di volta in volta, i protagonisti: la Serpa, giovane e bella ostessa che accetta i rischi del vivere, Paolo, il suo spasimante quasi annientato dalla propria immobilità, e Bart, l'uomo dagli occhi magri, appunto, che pur essendo figura fondamentale nel racconto, di fatto non è che una comparsa, senza pretese. In fondo, i protagonisti non sono tanto gli uomini, ma i significati che essi rappresentano dell'essere umani, profondamente umani: gli errori di valutazione, le leggerezze, le false convinzioni che per essere lungamente coltivate si fanno certezze, le scelte di tempo, così strategiche e così complicate, ma soprattutto la dicotomia in cui in molti viviamo, tra l'azione e l'immobilità. La Serpa agisce, è viva, anche se commette degli errori; Paolo vorrebbe agire ma è annichilito dal timore di sbagliare, quindi si blocca; e l'uomo dagli occhi magri,lui invece sta fermo, attende che le cose non gli accadano. E rimane il dubbio se gli occhi magri li abbia sempre avuti, o gli siano smagriti col tempo, se prima fosse diverso e poi cambiato. L'autore non lo dice, e, a me almeno, è rimasto il dilemma.
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