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Per la prima volta grazie al libro di Cristina Di Giorgi si ha una panoramica completa, organica ed esauriente della musica alternativa dei giovani di destra. La peculiarità del suo lavoro consiste nel contestualizzare la nascita della musica alternativa all’interno dell’evoluzione che l’ambiente politico in questione ha affrontato nel corso dei decenni sin a partire dagli anni Sessanta. Questo genere di musica trova tra i suoi precursori in Leo Valeriano e nel Bagaglino che già allora si proponevano di svecchiare ed innovare la musica ascoltata dai neofascisti. Ma è con gli anni Settanta che l’ambiente giovanile del partito di riferimento, il MSI, con i Campi Hobbit sperimenta una nuova via di comunicazione secondo il quale «una canzone è più efficace di mille volantini». Si hanno così la formazione dei primi gruppi come la Compagnia dell’Anello, gli Amici del Vento, gli Janus, gli ZPM e i cantautori tra i quali Francesco Mancinelli e Massimo Morsello. Ben presto la musica viene diffusa artigianalmente, ma con il trascorrere degli anni e l’affacciarsi di nuovi generi come l’hard rock, il punk, l’Oi! e l’hardcore nascono in tutta Italia centinaia di nuove produzioni discografiche che puntualmente vengono boicottate dai media ufficiali e solo in pochi casi si hanno servizi giornalistici di una certa serietà. Per stessa ammissione degli artisti coinvolti, militanti e musicisti al tempo stesso, la musica alternativa (successivamente chiamata rock identitario o nazionalista a seconda delle band che si cimentano in questo percorso come nel caso degli Hobbit, Zetazeroalfa e Skoll) è lontana da ogni logica commerciale e di guadagno. Molto interessante è la parte del volume in cui l’Autrice tratta dei temi toccati nelle canzoni: la storia antica e moderna, l’impegno sociale, ma anche il dolore per la perdita di un camerata ucciso; ma è contro il sistema sedicente democratico, la corruzione, l’egoismo e il consumismo che i testi fanno emergere la loro carica rivoluzionaria.
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