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Non solo fermi. I fondamenti della meccanica quantistica nella cultura italiana tra le due guerre
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1 gennaio 1991
263 p.
9788871660509

Voce della critica

MAIOCCHI, ROBERTO, Non solo Fermi. I fondamenti della meccanica quantistica nella cultura italiana, Le Lettere, 1991
MAIOCCHI, ROBERTO, Einstein in Italia, Angeli, 1985
recensione di Lo Bue, M., L'Indice 1992, n. 2

Tra la fine del XIX secolo e l'inizio del Novecento si risolse la lunga polemica che aveva contrapposto detrattori e fautori dell'atomismo con una definitiva affermazione di questi ultimi. Questa discussione aveva mobilitato alcuni dei pensatori più importanti della cultura europea coinvolgendo la comunità scientifica e quella dei filosofi; da Ernst Mach a Wilhelm Ostwald, da Pierre Duhem a Jean Perrin. Gli echi di questa vera e propria battaglia erano ancora tutt'altro che spenti quando l'articolo di Einstein del 1905 e l'introduzione del modello atomico di Bohr diedero il via ad una serie di discussioni che coinvolsero scienziati e filosofi e che furono centrali nei successivi sviluppi della fisica e della filosofia novecentesche. L'importanza dei dibattiti generati dalle teorie della relatività e dalla fisica dei quanti è ben visibile nella filosofia se si pensa quanto essi influirono, per esempio, nella formazione del neopositivismo; d'altro canto, la storia della fisica di quegli anni è generalmente segnata dai tempi e dalle modalità con cui i concetti quantistici si impadronirono o vennero fatti propri dalle diverse comunità di fisici. Si pensi per esempio a ciò che rappresenta per la fisica in Unione Sovietica l'affermarsi della meccanica quantistica in un'interpretazione simile a quella della scuola di Copenaghen ad opera di Landau. I due libri di Roberto Maiocchi "Einstein in Italia" e "Non solo Fermi" analizzano in modo particolareggiato la forma e lo sviluppo che ebbero il dibattito sulla relatività e sulla meccanica quantistica nella cultura italiana. Maiocchi, già autore di un saggio su Duhem ("Chimica e filosofia. Scienza, filosofia, storia e religione nell'opera di Pierre Duhem", Firenze 1985) e di un libro sulla vittoria della concezione atomista ("La Belle époque dell'atomo. Ricerche sulla vittoria dell'atomismo nella Fisica del primo Novecento", Milano 1988) propone una lettura originale del dibattito scientifico in Italia rivedendo criticamente alcune semplificazioni piuttosto diffuse e soprattutto colmando una carenza notevole della storiografia precedente. Se infatti non mancavano studi su Fermi e sulla sua scuola, c'era fino ad ora un buco notevole su quanto si svolse prima o comunque fuori della cerchia di via Panisperna.
La tesi a cui giunge l'autore alla fine di questi due studi può essere così riassunta: se è pur vero che lo stretto empirismo e lo sperimentalismo che dominavano l'esigua comunità italiana di fisici nell'Ottocento impedirono al dibattito sull'atomismo di penetrare nel nostro paese, intorno al dibattito sulla meccanica quantistica ci fu un grande interesse e non mancano certo le pubblicazioni ad attestarlo. Dunque il caso italiano non è stato caratterizzato, come spesso si crede, dall'assenza di interesse epistemologico verso la nuova fisica - ma piuttosto dall'inadeguatezza - degli strumenti filosofici e concettuali con i quali vennero affrontati i nuovi argomenti. Indubbiamente la specificità del caso italiano risiede nella totale separazione tra ambiente scientifico e ambiente filosofico, citando l'autore: "Ambiente scientifico e ambiente filosofico paiono in Italia due mondi diversi, lontanissimi tra di loro, che possono parlare dello stesso argomento, nello stesso tempo, senza sentirsi". Vediamo ora brevemente come si caratterizzarono le due vicende della relatività e dei quanti. La teoria della relatività ristretta fu formulata da Einstein nel 1905 e fece esplodere un dibattito sui fondamenti della fisica e dell'elettromagnetismo. In Italia in questo periodo il posto oggi occupato da ciò che chiamiamo fisica teorica era monopolizzato da quella scuola di fisici matematici ai quali si deve gran parte di quel "calcolo differenziale assoluto" o calcolo tensoriale che costituì proprio la base formale delle teorie einsteiniane. Il panorama italiano, dominato dalle personalità di grandi matematici quali Levi-Civita o Ricci-Cubastro, rimase per anni indifferente al contenuto fisico della relatività ristretta considerando quest'ultima come un perfezionamento e un'applicazione delle trasformazioni di Lorentz. Il ritardo con cui si discusse di relatività dal punto di vista fisico è evidente se si considera che il primo lavoro che sottolinea l'originalità di Einstein togliendo quest'ultimo dall'ombra di Lorentz è uno scritto del matematico Guido Castelnuovo intitolato "Il principio di relatività e i fenomeni ottici" datato 1911. Il taglio degli interessi di personaggi come Levi-Civita fece sì che in Italia penetrò prima e più facilmente l'Einstein della relatività generale di quello del 1905, invertendo così l'ordine della discussione come essa si manifestò negli altri paesi.
Sul fronte filosofico viceversa l'atteggiamento dell'idealismo nei confronti del dibattito relativistico viene sintetizzato da Maiocchi con due termini, strumentalizzazione e disinteresse. Il poco materiale presente in proposito è in generale costituito da tentativi di utilizzare le teorie di Einstein come argomenti in favore di sistemi filosofici centrando ben poco i nodi concettuali importanti.
Per quanto riguarda la sorte dei concetti quantistici in Italia il discorso è leggermente diverso. In questo caso infatti sul fronte degli scienziati si risentiva ancora della diffidenza verso le riflessioni teoriche ereditata dallo sperimentalismo ottocentesco. Di tutta la discussione sull'atomismo e dei problemi che la accompagnarono, dalla radioattività alla teoria cinetica, ben poco si parlò tra i ricercatori italiani; basti pensare che l'unico fisico italiano ad occuparsi approfonditamente della teoria cinetica fu un insegnante liceale di Messina, Alessandro Sandrucci, che ovviamente non poté influire gran che sulla cultura del tempo. Nell'ambito di questa tradizione, prima di Fermi, l'interesse degli scienziati italiani verso la nuova fisica fu essenzialmente concentrato sugli aspetti spettroscopici del modello atomico di Bohr. Di questi aspetti si occupò a lungo Rita Brunetti, che pubblicò nel 1921, quando Fermi non era ancora laureato, un'ampia rassegna sugli studi atomici con vari riferimenti positivi al modello di Bohr. Anche la Brunetti comunque ebbe sempre una visione strettamente legata all'aspetto spettroscopico e quindi sperimentale, nutrendo diffidenza per tutti i discorsi di carattere teorico sugli aspetti rivoluzionari del modello di Bohr.
Se la personalità di Fermi portò alla nascita della fisica teorica italiana e all'introduzione a pieno merito della fisica atomica e dei quanti riportando la ricerca in Italia a livello internazionale, non si può dire altrettanto per quanto riguarda i dibattiti sulla fisica e sui suoi fondamenti. Fermi manifestò sempre un totale disinteresse e una certa insofferenza verso qualsiasi tematica filosofica o epistemologica comportandosi nei fatti, come testimonia la sua opera scientifica, secondo i canoni del più spregiudicato pragmatismo.
La chiusura degli ambienti scientifici al dibattito epistemologico, spezzata occasionalmente dagli interessi di personaggi come Orso Mario Corbino o Enrico Persico, e l'impermeabilità della filosofia italiana al neopositivismo (unica eccezione l'opera di Ludovico Geymonat) sono accompagnate da un insieme di interessi verso il dibattito scientifico provenienti dall'area idealista. Secondo Maiocchi la tesi secondo cui l'idealismo italiano si sarebbe del tutto disinteressato al dibattito epistemologico non è esatta. Nel capitolo "Idealismo e quanti" l'autore dimostra come, malgrado la classica posizione gentiliana liquidatoria verso la scienza, vi fosse un notevole slancio verso la nuova fisica attestato da svariate pubblicazioni; ciò che mancò dunque non fu tanto l'attenzione verso i problemi della fisica atomica, fu piuttosto la capacità da parte di filosofi cresciuti in un ambiente estraneo a qualsiasi tematica di carattere scientifico di adeguarsi alle nuove problematiche e di produrre elaborazioni degne di nota. Il dibattito italiano fu dunque caratterizzato da un idealismo incapace di adeguarsi ai cambiamenti avvenuti nella scienza del Novecento, da un realismo che sia nella sua forma laica che in quella cattolica mantenne un atteggiamento strumentale nei confronti di questi cambiamenti e da una comunità scientifica che ostile e disinteressata a qualsiasi tematica filosofica non fu in grado di accogliere il neopositivismo, unica grande corrente filosofica che ponesse la scienza al centro della propria riflessione.
I libri di Maiocchi non hanno certo bisogno di questa recensione per essere noti agli storici della scienza; ciò che è meno scontato, e che come fisico mi auguro vivamente, è che questi due saggi vengano letti il più possibile da un vasto pubblico e soprattutto dai giovani fisici (ché i meno giovani l'agnosticismo '  la' Fermi l'hanno ormai irrimediabilmente interiorizzato). Letture di questo genere non sono solo una questione di cultura generale ma un fatto formativo; come diceva Leo Apostel, "comprendere correttamente o meno la natura della ricerca significa modificare la ricerca stessa".

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