Non dite che non abbiamo niente

Bello bello!

Una struggente e appassionante storia familiare ambientata tra Canada e Cina, e impreziosita da una edizione curatissima e superba. La storia di Marie, Ai-Ming e delle loro radici rimane nel cuore.

Devo ammetterlo: questo libro è stato difficile da recensire. Perché non volevo segnare il distacco, perché non volevo che finisse di macinare parole e pensieri dentro di me. Volevo che crescesse e si prendesse ogni mio spazio, volevo soprattutto che continuasse a vivere e ad andare avanti. Ma prima o poi bisogna fare i conti con la realtà: non leggerò mai più le storie dei personaggi di "Non dite che non abbiamo niente": rimarranno miei, con me, le loro storie saranno le mie e proseguiranno con me (nelle migliori delle tradizioni della letteratura), ma non le leggerò mai più (a meno che io non ricominci da capo, nel libro). "Non dite che non abbiamo niente" è uno di quei romanzi che, già a leggerlo, si capisce subito che ha il potenziale non soltanto per essere un capolavoro, ma per parlare, rivolgersi direttamente a un mondo, a una generazione, a una vita. "Non dite che non abbiamo niente" racconta di un mondo in continuo subbuglio, di personaggi che vagabondano e cercano uno spazio personale, privato, in un universo che non accetta singolare, particolare, perché singolare e particolare sono sinonimi di ricerca di qualcosa cui il partito (comunista) non può dare risposta, e per questo sovversivi. A leggere Madeleine Thien si impara la leggerezza dell'identità, l'inconsistenza dell'esistenza, che ci lasciamo dietro molto poco di ciò che siamo realmente, perché dentro di noi si nascondono immensità insondabili, che si possono tacere per mesi, anni, decenni perfino, ma mai per sempre. La storia di Marie è una ricerca di un abisso inconoscibile, non il suo, ma quello del padre, quello di un tempo che non potrà mai toccare se non attraverso le parole.