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L'autore racconta in prima persona l'esperienza della Seconda guerra mondiale, della deportazione in un campo di concentramento (i lavori forzati, la fame) e del difficile ritorno a casa. Non fu una guerra di poco conto. Al pari della Prima guerra mondiale ebbe i suoi morti. Strappò sei anni di vita a centinaia di migliaia di giovani che tornarono in silenzio cercando un posto di lavoro. Senza un segno di riconoscenza, dimenticati dalle istituzioni e dalla società, quasi che un sentimento di emulazione si fosse creato fra due tipi di resistenza di qua e al di là dei nostri confini. Ed ancora. Per la Prima guerra mondiale sono stati giustamente dedicati altari, sacrari, ossari, migliaia di sculture bronzee e marmoree, con gesti esaltanti il sacrificio, al centro di piccoli e grandi giardini di ogni comune d'Italia. Quale ricordo per i morti sui fronti e nei lager di quest'ultimo conflitto? Tronci risponde che dei "poveri diavoli" coperti da uno strato di terra in Grecia, Germania, Polonia, Russia è rimasto solo qualche nome in appendice alle arrugginite targhe della precedente guerra.
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