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Noi non dormiamo. L'insonnia dei precari di successo - Kathrin Röggla - copertina
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Descrizione


Un romanzo, un'inchiesta, un'opera teatrale. Dopo aver raccontato la Berlino alternativa della techno e dei lunge bar, Kathrin Röggla si dedica a indagare uno degli oggetti più misteriosi della modernità: il sonno di manager, web designer, consulenti aziendali, stagisti, account e programmatori. In decine di interviste di alcune ore ciascuna, che l'autrice lavora linguisticamente, prende forma un unico concerto polifonico, una sorta di flusso di coscienza per più voci, nel quale l'attuale rapporto tra persona e sistema emerge in tutta la sua selvaggia complessità. Affiora il senso di una cronica stanchezza, dell'obbligo pulsante della prestazione, del lavoro che avvolge tutto, la vita privata e i suoi piccoli, interstiziali, piaceri.
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Dettagli

2005
28 novembre 2005
188 p., Brossura
9788876380150

Voce della critica

Una polifonia che sembrerebbe senza tempo e senza spazio questo romanzo di Kathrin Röggla scrittrice nata a Salisburgo nel 1971 e residente a Berlino non fosse che il tempo è il presente e lo spazio uno spaccato inquietante del nuovo mondo del lavoro atipico o flessibile o quale altra ipocrisia linguistica si voglia usare nel significato di precario. Un'ipocrisia che traspare lucidamente dal testo il quale peraltro l'aggettivo di atipico lo merita davvero in italiano reso da Cristina Vezzaro in un azzeccatissimo ritmo sincopato di tenuta ineccepibile per una lingua volutamente ai limiti dell'illeggibilità. Situato sul confine tra i generi tra narrativa e reportage ma anche come registro tra monologo interiore per quanto frammentario e techno-lingua a tratti esasperata in realtà è un testo scritto per il teatro (che in Germania è stato anche rappresentato): un concerto di voci nevrotiche tratte da interviste effettuate dall'autrice e poi montate di persone che sono ridotte a fantasmi in continua tensione e sovraeccitate per lo stress di ritmi di lavoro ansiogeni e appunto per la costante terribile mancanza di sonno.

Il titolo va infatti inteso in senso letterale in quanto i protagonisti cioè i titolari di sette ruoli lavorativi atipici sono perseguitati dalla necessità di rendere al massimo – ovviamente senza limiti di orario anzi la categoria del tempo per sé è esclusa dal loro orizzonte esistenziale – di adattarsi alle situazioni più imprevedibili di sapersi imporre sugli altri di licenziare di addestrare di imparare di risolvere di funzionare – del resto le macchine che bisogno hanno di dormire? Gli esseri umani invece hanno il “difetto genetico congenito” di non saper “immagazzinare sonno” “ma bisogna immaginarsi cosa succederebbe se si potesse fare se si potesse sviluppare la capacità di accumulare sonno. e chi li terrebbe più. intere infanzie investite solo per racimolare abbastanza sonno per dopo. o se si potesse trasmettere il sonno: da una persona all'altra allora sì si creerebbero vere e proprie banche del sonno. – una specie di cocaina all'incontrario!”. Non proprio all'incontrario visto che quando l'adrenalina che pure si è stati ormai addestrati a produrre non basta più eccitanti vari e amfetamine hanno fra questi ectoplasmi contemporanei una massiccia necessaria banalizzata circolazione – certo a prezzo di qualche “alterazione delle facoltà percettive” qualche “dissonanza psichica” qualche “dissociazione cognitiva”.

Il sottotitolo si presenta poi con un ossimoro o che almeno come tale contiene una provocazione quella dell'essere “precario” e al contempo “di successo” anche se nel furore dell'ondata neoliberista dell'efficienza e del guadagno über alles evidentemente provocazione non è. L'ambiente è una sorta di fiera i personaggi appartengono tutti alla strabordante e flessibile (naturalmente!) categoria dei cosiddetti consulenti che qui però si chiamano consultant coach key account manager it-supporter stagisti senior associate. Una terminologia che dovrebbe sterilizzare la violenza estrema di rapporti di lavoro senza regole né garanzie: quando si tratta di “buttar fuori così 300 persone (…) allora cerchi di raccontartela un po' tipo: il padre di famiglia con tre figli che se ne sta lì senza stipendio e senza niente da mangiare mica esiste. o almeno è piuttosto raro”. Mente il senior associate “deve dire che in linea di massima provano un rispetto tremendo nei tuoi confronti quando arrivi in un'azienda. (…) non arriverebbe a dire che si tratti di un rapporto di paura o qualcosa del genere. ma certo hai il coltello dalla parte del manico. (…) ‘devono semplicemente salvarsi il culo e non possono in nessun caso farlo dandoci contro'. questa è la somma saggezza da consulente”. Che non richiede ulteriori commenti.


Giuliana Olivero

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