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Uno, nessuno e centomila - Luigi Pirandello - copertina
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Uno, nessuno e centomila

Descrizione


"Uno, nessuno e centomila" (1926) fu definito da Pirandello "romanzo testamentario". Si tratta infatti del suo ultimo romanzo e segna il culmine della riflessione sulla disgregazione del soggetto iniziata con "Il fu Mattia Pascal" (1904). Attraverso la tragedia di Vitangelo Moscarda - che scopre di essere estraneo a se stesso, "costruito" dagli altri a modo loro, molteplice quante sono le situazioni in cui si trova - Pirandello costruisce una delle rappresentazioni più efficaci dell'assurdità dell'uomo moderno, e delinea la sua filosofia. Alla base della sua visione del mondo, come mostra il filosofo Remo Bodei, c'è la sfiducia che l'uomo possa accrescere la sua coscienza in modo positivo attraverso la messa in luce e il superamento delle contraddizioni.
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Dettagli

5
2007
Tascabile
8 settembre 2008
XXX-221 p., Brossura
9788807820793

Valutazioni e recensioni

4,45/5
Recensioni: 4/5
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Victor Royo
Recensioni: 3/5

La storia pare assoggettata all'idea. Un'idea potente, per carità, ma questo romanzo sembra inaugurare quella perniciosa attitudine del Pirandello di bearsi di sè guardandosi troppo allo specchio ( paradossalmente è anche quello che fanno, per motivi diversi, Gengè e Anna Rosa ). Le elucubrazioni di Moscarda ruotano infatti in maniera ossessiva sempre attorno alla medesima intuizione che, per quanto accattivante, in fin dei conti annoia. Un personaggio che avrebbe meritato ben altro rilievo e che, invece, risulta solo abbozzato, è la già citata Anna Rosa la quale tradisce alcune affinità con il protagonista monologante. Conclusione: è pur sempre autentica letteratura made in Italy ma non ci si illuda di leggere un capolavoro come Il fu Mattia Pascal.

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ILENIA
Recensioni: 5/5

IN ASSOLUTO IL LIBRO CHE MI HA TRASMESSO PIU' EMOZIONI.. E' PROFONDO.. E' STUPENDO.. LEGGETELO.. LEGGETELO.. LEGGETELO..

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Roberto
Recensioni: 4/5

Pirandello espone il suo pensiero in pagine alle volte non facili da comprendere immediatamente. Le continue allocuzioni al lettore e il suo periodare cervellotico rendono ardua la lettura della prima metà del romanzo. Geniale, sottile, a tratti filosofico,Pirandello (Gengè)attraverso lo smarrimento di se stesso e la constatazione di una realtà che ci forma, imposta e ritenuta vera dagli altri giunge ad una definizione veramente filosofica dell'uomo. L'uomo vive e muore in ogni istante nelle cose della Natura. Il pesante senso di nichilismo della sua propria persona che egli stesso avverte di se,la molteplicità delle realtà(ahimè tutte vere) che di lui hanno i suoi conoscenti,insomma lo stato di solitudine e moltiplicazione della sua persona in cui Gengè si ritrova sono secondo me dovuti al suo forte cinismo. Personalmente,avessi io scritto il romanzo,non lo avrei intitolato Uno nessuno e centomila,ma soltanto Uno e centolmila in quanto non condivido la ignoranza di se stesso che Pirandello prova e che ognuno nella sua visione dovrebbe soffrire. Secondo me lo scontro avviene fra una realtà che ognuno di se sente e avverte come vera, predominante e le altre costruite dai conoscenti. Leggermente al disotto dell mie aspettative (Il fu Mattia Pascal...stupendo)

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Luigi Pirandello

1867, Agrigento

Nacque nel podere di campagna detto il Caos, da una famiglia della borghesia commerciale di tradizione risorgimentale e garibaldina, sia da parte del padre Stefano che della madre, Caterina Ricci-Gramitto. Preso soprattutto da interessi filologici e letterari, frequentò le università di Palermo, Roma e Bonn, dove si laureò nel 1891 con una tesi in tedesco di fonetica e morfologia (in traduzione italiana: 'La parlata di Girgenti'). Tornato in Italia nel 1892 e stabilitosi a Roma, grazie a Luigi Capuana strinse contatti con la cultura militante, collaborando con scritti critici e poesie alla «Nuova Antologia», conducendo sul «Marzocco» un’accesa polemica antidannunziana e insistendo in molti interventi su vari periodici sul tema della crisi...

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