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Il neostoricismo. Nuova tendenza della critica anglo-americana
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1996
1 marzo 1996
340 p.
9788870002737

Voce della critica

IZZO, DONATELLA (A CURA DI), Teoria della letteratura. Prospettiva dagli Stati Uniti
FORTUNATI, VITA (A CURA DI) / FRANCI, GIOVANNA (A CURA DI), Il neostoricismo
DELGADO, RICHARD (A CURA DI) / STAFANCIC, JEAN (A CURA DI), Critical White Studies
recensione di Corona, M., L'Indice 1998, n. 2

Per la completezza dell'informazione, per la centralità dei problemi in gioco, e per la loro natura non semplicemente disciplinare, teorica e accademica, le "prospettive dagli Stati Uniti" raccolte da Donatella Izzo nel suo eccellente volume offrono non solo agli americanisti e agli anglisti ma a un ben più ampio settore della nostra cultura - in primo luogo, penserei, a chi si occupa di letteratura italiana o di letterature straniere non anglofone - un'occasione davvero ottima di familiarizzarsi con situazioni, prassi e proposte maturate in quel grande laboratorio sociale, e non solo culturale, che sono le università statunitensi. Nelle quali, come ci mostra la raccolta di Delgado e Stefancic, la dialettica multiculturale è giunta al punto da dover qualificare come specifici e parziali gli studi critici "bianchi", fin qui sempre spacciati come universali, e ora messi sul piano di quelli "neri", "femministi", "Native American" e così via.
In tale variegato contesto spicca la "queer theory", ovvero la critica gay e lesbica, di cui Marco Pustianaz, nel volume della Izzo, ci offre una "prima assoluta per l'Italia". Un campo di ricerca per nulla marginale o "freak", avverte l'autore, visto che pone in radicale discussione alcuni meccanismi profondi dell'ideologia dominante ("dominante su chi? e come?"), fondati su "una trasparente naturalità di categorie apparentemente univoche, quali 'soggetto', 'identità', 'omo/eterosessualità'". L'esposizione di Pustianaz si svolge, opportunamente, su un piano più filosofico che cronachistico, puntando sui cardini Michel Foucault - Eve Kosovsky Sedgwick - Judith Butler. La Sedgwick, fra parentesi, autrice di due studi rilevantissimi come "Between Men: English Literature and Male Homosocial Desire" (1985) e "Epistemology of the Closet" (1990), è ancora pressoché sconosciuta in Italia. Le ramificazioni della "queer theory" spingono Pustianaz a inoltrarsi anche nel territorio vasto, accidentato e mutevole della teoria femminista, cui Donatella Izzo, autrice pure della densissima introduzione generale al volume, dedica un capitolo esemplare per lucidità e chiarezza, nonostante i complessi nodi epistemologici che è chiamata a sbrogliare. Ma lo "sconfinare" delle singole trattazioni nei territori adiacenti è una caratteristica saliente di tutto il volume, il che indica, da parte della coordinatrice e degli autori, una forte consapevolezza dell'alto grado di interrelazione esistente fra le diverse posizioni nel campo teorico del poststrutturalismo, "abitato da una molteplicità di discorsi instabili, variamente collegati e conflittuali" (Louis Montrose). Di questi si è occupato con mano esperta Stefano Rosso nel capitolo d'apertura dedicato alla decostruzione, l'elusivo orientamento epistemologico che intorno alla metà degli anni sessanta, con Derrida e de Man, ha segnato una svolta decisiva nella cultura del nostro secolo.
Non si toglie nulla al contributo sul femminismo di Donatella Izzo, né a quello altrettanto robusto di Giorgio Mariani sulla critica marxista e il New Historicism, se si dice che risulteranno forse più familiari di altri. Bene o male, un po' di femminismo e un po' di marxismo e/o vecchio storicismo le lettrici e i lettori italiani - magari separatamente, ciascuno nei suoi quartieri - l'hanno masticato. Il saggio di Mariani, fra l'altro, documenta l'accanita resistenza di alcuni rappresentanti del pensiero marxista (Jameson, nel caso specifico) nei confronti delle successive ondate metodologiche che portavano attacchi concentrici al maggior bastione della coscienza storica otto-novecentesca. Quel che risulterà comunque particolarmente interessante nei saggi di Izzo e di Mariani, proprio perché trattano delle due metà del cielo (soggettività e storia, e, dico io, femminile e maschile), è il fittissimo gioco di rimandi che emerge in America fra le varie metodologie critiche, nessuna delle quali rimane infine "pura" e separata; e poi come analoghi rimpalli avvengano fra le due sponde dell'Atlantico, sicché per esempio Mariani rileva come "negli ultimi vent'anni i maggiori centri di produzione del marxismo teorico appaiono rintracciabili più nel mondo anglosassone che in quello latino o tedesco", proprio come diceva l'anno scorso Rosi Braidotti a un convegno bolognese, constatando con un sorriso che il maggior centro di produzione di teoria francese era a questo punto la California.
Da una ventina d'anni ormai, a Berkeley Stephen Greenblatt e il gruppo della rivista "Representations" hanno impostato un complesso lavoro interdisciplinare mirante a reimmettere la dimensione storica dentro all'analisi formale, provvedendo altresì un argine all'onnilinguismo decostruzionista. Al New Historicism è dedicato un bel volume antologico curato da Vita Fortunati e Giovanna Franci, il primo del suo genere in Italia. Le due studiose bolognesi che anche attraverso la collana in cui compare il presente volume tanto hanno contribuito a farci conoscere le più significative figure della critica americana contemporanea, da Bloom a Hillis Miller a Hartman a Greenblatt a Hayden White, presentano, con un'articolata introduzione, undici saggi di autori britannici e americani. Il panorama che ne risulta spazia dal "vecchio" al nuovo storicismo (White, Greenblatt, Montrose), ai "cultural studies" e al "cultural materialism" (Felperin, Dollimore, Howard, Belsey, il cui versante americano è attentamente trattato nel volume della Izzo da Maria Cristina Iuli), per chiudersi con un dibattito sui caratteri del neostoricismo (Newton, Hillis Miller, Pechter, Hartman). E i corsi e ricorsi culturali si incrociano in modo così paradossale che l'europeo interessato al neostoricismo americano, osserva Paolo Prezzavento nella sua postfazione, prova "la strana sensazione di trovarsi di fronte a qualcosa che riflette la propria immagine rifiutata".
Delle forze sociali alfine emergenti (per tornare da ultimo al volume della Izzo) si occupa con partecipe intelligenza Daniela Daniele nel capitolo "Multiculturalismo e teorie postcoloniali". Il disgregarsi dell'impero britannico e del monolitismo culturale americano produce un vuoto temporaneo, "un luogo ibrido di negoziazione culturale che attraversa in modo trasversale tutti i luoghi della subalternità: dal genere alla classe, dalla razza all'etnia". Luoghi che anche da noi, nella nostra antica Italia, si vanno facendo sempre più affollati.

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