Nella tana

Anouk è una giovane donna che, non sopportando più i meccanismi che regolano il mondo di oggi, decide di lasciare il suo confortevole appartamento per rifugiarsi in una piccola capanna immersa nei boschi del Canada. Nella tana è un affascinante viaggio nelle profondità della natura e di se stessi.

Un libro, una carezza. Splendido, soprattutto se letto in inverno, magari davanti a un camino con una tazza di tè.

«Nella tana» è l’esordio letterario di Gabrielle Filteau-Chiba. La protagonista, stufa dell’ipocrisia e dei contrasti della società contemporanea, decide di ribellarsi al sistema: vende tutto e compra una foresta con una piccola capanna. Ed ecco che il lettore si trova catapultato insieme a lei nel pieno di un gelido inverno canadese, in una fredda e inospitale foresta. Il romanzo, narrato sotto forma di diario, racconta innanzitutto le difficoltà pratiche di una “vita selvaggia”. La legna che non basta mai, le temperature vertiginosamente sotto zero con cui bisogna fare i conti, gli animali selvatici da tenere a distanza, la terribile solitudine nelle notti gelide. Eppure, pian piano, si fanno strada in lei sia la speranza che la consapevolezza. La protagonista capirà se stessa, il modo in cui ha deciso di stare al mondo, la maniera in cui -pur dai confini della società- può proteggere e fare del bene alla natura. Devo dire però che, nonostante le buone intenzioni, il romanzo non mi ha convinta del tutto: avrei preferito una maggiore introspezione, avrei voluto che le ragioni dell’abbandono della società fossero più approfondite.