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Nell'albergo di Adamo. Gli animali, la questione animale e la filosofia - copertina
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Nell'albergo di Adamo. Gli animali, la questione animale e la filosofia - copertina

Descrizione


Prendendo le mosse dalla riflessione di filosofi continentali, quali Adorno, Lévinas, Deleuze e Derrida, i saggi raccolti in questo volume si propongono come segnavia verso un'inedita concezione dell'animalità. Qui la filosofia si assume il compito di riflettere più a fondo sul significato della questione animale e sugli animali in vista di una loro liberazione e al fine di ridefinire l'umano e il nostro modo di pensare la vita in comune nel mondo.
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Dettagli

2010
10 febbraio 2010
317 p., Brossura
9788857501253

Voce della critica

Nell'albergo di Adamo è una raccolta di saggi di vari autori volti nel complesso a fornire una serie di letture filosofiche della questione animale e del rapporto dell'uomo con gli altri esseri viventi. La prospettiva dichiaratamente filosofica non impedisce al libro di aprirsi a una molteplicità di altri punti di vista e al contributo di altre discipline, quali l'etologia o l'antropologia culturale. In secondo luogo, nessuno dei saggi appare motivato da una presunta neutralità scientifica, bensì, più o meno esplicitamente a seconda dei casi, sono tutti sostenuti da uno spirito militante a favore della liberazione animale. Infine, tutti gli autori, pur affrontando aspetti differenti della questione animale e pur muovendosi secondo una molteplicità di impostazioni metodologiche, possono essere ricondotti all'orizzonte dell'animalismo di seconda generazione. In effetti, la prima ondata di riflessione filosofica animalista aveva incentrato la propria attenzione soprattutto sulla sottolineatura di quanto rende gli altri animali simili all'uomo, giungendo ad esempio al riconoscimento di diritti degli animali o della necessità di assumere un atteggiamento di rispetto nei loro confronti, fondando tale riconoscimento sulla constatazione della capacità di soffrire che accomuna tutte le specie zoologiche. Ora, invece, la seconda generazione di pensatori animalisti, pur non disconoscendo i meriti fondamentali di quell'avanguardia, ne sottolinea i limiti, identificabili sostanzialmente nella sua tendenza implicita ancora troppo antropocentrica, nella misura in cui, in definitiva, non riesce a trovare, per la rivendicazione della libertà e la lotta contro la sofferenza degli animali, altro fondamento che la loro somiglianza agli esseri umani. In parecchi casi, lo strumento privilegiato degli autori del libro, che si inscrivono senz'altro in questa nuova prospettiva, è quello della rilettura di pensatori più o meno classici, una rilettura che mira a scavare fino in fondo nella loro riflessione per sottolinearne gli esiti più significativi ai fini della discussione sulla questione animale, a volte anche per evidenziarne le contraddizioni e farne emergere un non detto favorevole alla causa della liberazione animale, anche quando questa non è esplicitamente presente o è addirittura negata in alcune affermazioni. Uno dei riferimenti non strettamente filosofici di tutto il libro è certamente la teoria darwiniana, liberata dalla falsa lettura ancora antropocentrica ben rappresentata dall'iconografia dell'albero della vita che condurrebbe lungo un itinerario di continuo progresso fino al vertice di Homo sapiens sapiens: in realtà, il naturalista inglese ci ha insegnato a concepire tutte le specie non come gerarchicamente ordinate, bensì tutte, per definizione, compiute per il fatto stesso di esistere. Ma, come si è detto, il percorso tracciato dai diversi autori è molto articolato e ci accompagna su una molteplicità di terreni. Così, il pensiero femminile e femminista, proprio perché allenato a guardare le cose da una prospettiva altra rispetto al tradizionale punto di vista maschile e occidentale, si dimostra capace di uno sguardo nuovo sugli animali non umani, cercando di mettersi dalla parte dell'animale stesso e non da quella del ricercatore; anche se poi, in certi casi, non sa trarre da ciò le conseguenze pratiche, legittimando ad esempio la sperimentazione animale, e dimostrando in tal modo quanto troppo spesso la riflessione filosofica, comunque declinata, pecchi drammaticamente di astrazione, che conduce in questo caso all'incapacità di cogliere l'irrimediabile e ingiustificabile sofferenza dei non umani in un mondo che si pretende umano. Quanto al marxismo, la critica animalista ne ha giustamente sottolineato l'incapacità di superare una logica di sfruttamento del mondo naturale e di tutti i suoi abitanti, che lo accomuna di fatto al sistema capitalistico oggetto della sua condanna; ma la rilettura che qui se ne propone rintraccia alle radici del pensiero di Marx la convinzione che l'asservimento della natura sotto forma di agricoltura e allevamento stia a fondamento della divisione in classi delle società umane e quindi dello sfruttamento e asservimento della grande maggioranza degli individui che le costituiscono: da tale rilettura emerge il non detto della critica marxiana, ovvero il fatto che un'autentica liberazione umana è inconcepibile se non accompagnata da un analogo processo di liberazione animale, come era stato ben colto dalla Scuola di Francoforte, in particolare da Herbert Marcuse e, soprattutto, Max Horkheimer. Altri saggi qui raccolti puntano all'emersione del non detto animalista in grandi pensatori del Novecento, quali ad esempio Martin Heidegger ed Emmanuel Lévinas. Tali saggi mirano perlopiù a superare il peccato originale dell'atteggiamento umano verso gli altri animali, consistente nel negar loro nome, individualità e personalità, riducendoli così a categorie universali e spersonalizzate, a numeri, con una tragica somiglianza a quanto avvenuto negli universi concentrazionari: ancora una volta un richiamo a quanto strettamente interconnessi siano i processi di liberazione di tutte le specie. Il filo rosso che unisce tutti i contributi sembra poter essere dato dall'ontologia di Gilles Deleuze, cui, in chiave propriamente animalista, dedica alcune pagine di questo libro Filippo Trasatti, che del pensatore francese si è più ampiamente occupato in Leggere Deleuze. Per tale motivo, quest'ultimo libro, breve quanto concettualmente denso, andrebbe letto quasi a introduzione e inquadramento complessivo di Nell'albergo di Adamo. Esso propone un'analisi del pensiero deleuziano, di cui, fra l'altro, si evidenzia come esso emerga anche da un confronto con precedenti più o meno remoti come Democrito ed Epicuro, Spinoza e Leibniz, Friedrich Nietzsche e Henri Bergson. Si tratta di autori che nell'interpretazione tradizionale hanno ben poco in comune, ma che secondo Deleuze hanno tutti contribuito all'elaborazione di un'ontologia non gerarchizzata, in cui ogni ente ha pari dignità e uguale diritto di cittadinanza. È, questa, la prospettiva ontologica che trova espressione complessiva in Mille piani, il libro scritto da Deleuze in collaborazione con Guattari, alla cui interpretazione è dedicata la seconda parte del lavoro di Trasatti: una sorta di monismo paradossalmente pluralista e anarchico, nel quale, spezzati definitivamente i pioli della presunta scala naturae, nessuna prospettiva e nessun ente possono essere privilegiati e nel quale, quindi, ogni specie e ogni individuo animale (o vivente) possa trovarsi a casa propria, che non sarà così mai più l'albergo (solo) di Adamo. Marco Chiauzza

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