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Descrizione


Un uomo apparentemente soddisfatto della sua vita cade da cavallo, e scopre di essere "perfettamente infelice". Una storia d'amore e di smarrimento, un convulso viaggio alla scoperta di se stessi.
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Dettagli

9
2005
Tascabile
189 p., Brossura
9788845234446
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Indice


Le prime frasi del romanzo:

Uno

La mattina del cinque marzo sono uscito da solo e di umore sospeso perché il tempo era brutto e perché avevo una strana curva nei pensieri, e il cavallo mi ha preso la mano. Non era uno dei miei: un purosangue inglese scartato alle corse di nome Duane, mille volte più instabile dei meticci tozzi di campagna con cui mi ero messo in testa di ritrovare la naturalezza equina perduta. Aveva un muso tutto narici dilatate e occhi bianchi pazzi allontanato da un collo stretto e lungo, un corpo levrettato di ossa sottili e muscoli a fior di pelle e nervi tirati come corde di chitarra elettrica; potevo sentire attraverso le gambe e il bacino e le braccia la paura e il bisogno frustrato di movimento che gli passavano dentro come una corrente, lo facevano fremere e recalcitrare ogni pochi passi. Mi tornava il suono delle parole che io e Anna ci eravamo ribattuti a proposito dell'occuparci di cavalli e di proprietari di cavalli così diversi dalle nostre intenzioni originarie: il modo istantaneo in cui eravamo scomparsi nei nostri ruoli acquisiti, l'uomo non-realistico e la donna con i piedi per terra che si fronteggiano dietro barricate di ragioni. C'era un vento cattivo di nord-ovest, ci è arrivato addosso più forte quando abbiamo girato all'antico santuario diroccato. Duane muoveva le orecchie e scartava a ogni fruscio tra i rami del bosco; e credo che sentisse le mie tensioni irrisolte come io sentivo le sue, l'alfabeto di segnali cifrati.
Siamo scesi a sbuffi e strappi di redini e colpi di tallone per il tratto ripido che dal santuario porta giù alla valle; i ferri ogni tanto scivolavano sull'asfalto che un benefattore ignorante e devastatore aveva fatto colare lungo trecento metri di strada per il matrimonio di sua figlia. Mi tenevo leggero in sella, con le punte dei piedi che appena toccavano le staffe, pronto a bilanciare una perdita improvvisa di stabilità e anche a saltare giù se Duane avesse finito per cadere su un fianco o rovesciarsi zampe all'aria. Era uno degli aspetti dell'andare a cavallo che mi avevano affascinato fin dall'inizio: il dover stare in guardia ma non rigidi di tensione, attenti ai minimi segnali eppure parte di un equilibrio molto più ampio e mobile, dove nessun gesto può garantire effetti permanenti.
Quando siamo arrivati in piano abbiamo passato il cancello a gabbia per il bestiame e preso al trotto nervoso per la strada sterrata che attraversa la grande distesa di prati a onde. L'erba rasa dell'inverno aveva ricominciato a crescere da poco; i cavalli da carne dai posteriori deboli e le mucche bianche dalle grandi corna brucavano con accanimento intermittente, infastiditi anche loro dal vento. A ogni folata cartacce e sacchetti di plastica dei picnic della domenica prendevano il volo e facevano scartare Duane, ma per il resto era più o meno lo stesso paesaggio che mi aveva colpito molti anni prima, quando ero rimasto stupefatto all'idea di una porzione così estesa di valli e colline conservata quasi intatta a trenta chilometri dalla città.
Abbiamo passato anche il secondo cancello tra nuove impuntature e scantonamenti e abbiamo ripreso al trotto per i prati in pendenza, oltre il recinto del toro alla base della grande quercia. Pensavo a tutte le volte che avevo fatto in andata e ritorno lo stesso percorso da due ore, con i clienti inesperti aggrappati alle redini in fila indiana e i clienti che si consideravano esperti tutti presi nei loro giochi di posture. Mi venivano in mente le domande ricorrenti man mano che il paesaggio ci si apriva intorno, le risposte ricorrenti che davo: il senso di padronanza e di libertà, la soddisfazione quasi rabbiosa di aver trovato alla fine un lavoro e una vita che non mi facevano sentire chiuso in una gabbia o in una scatola arredata. Cercavo di richiamare queste sensazioni per sciogliermi e viaggiarci dentro, ma non ci riuscivo; non sapevo se per colpa dell'andatura di Duane o per colpa del vento del vento, per colpa delle grandi nuvole grigie che correvano nel cielo sopra le nostre teste.

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lindap
Recensioni: 2/5

Non è quello che mi aspettavo da De Carlo. Delusione.

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mia
Recensioni: 2/5

Non ho gradito la lettura. Faticosa.

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venchi
Recensioni: 1/5

Lettura pesante. Non lo consiglio.

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Recensioni

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La recensione di IBS


"E ho pensato che forse le ragioni della mia infelicità erano dentro di me anziché fuori; che avevo continuato a disamorarmi di ogni donna e lavoro e storia appena accennava a perdere la sua magia iniziale solo perché non ero in grado di sostenere una responsabilità adulta né di interpretare in modo positivo i comportamenti evoluti della nostra specie."

Una caduta da cavallo, un momento di smarrimento del protagonista, Luca, il dolore fisico, ma (ben più importante) l'improvvisa illuminazione, la consapevolezza di una totale infelicità, la scontentezza di una vita che appare in tutta la sua crudezza: questo è l'avvio dell'ultimo romanzo di Andrea De Carlo e, forse, la conclusione di un itinerario narrativo che accompagna i personaggi di questo autore attraverso il passare degli anni, prima ventenni, poi trentenni in crisi, ora quarantenni non assimilati al sistema. Luca aveva compiuto una scelta di vita difficile, abbandonata una carriera di distributore cinematografico, ben avviata e piena di vantaggi economici, per noia e stanchezza (più volte nel romanzo ripeterà che quando una cosa non diverte più bisogna passare ad altro), separatosi dalla moglie per la stessa ragione, si era rifugiato nella campagna romana aprendo un maneggio "alternativo" e avviando un rapporto sentimentale con una giovane allieva, Anna.

Il romanzo si apre proprio quando sia l'attività professionale che la convivenza con Anna erano entrate a far parte di "ciò che non diverte più", "ciò che ha stufato", situazione di cui non c'è ancora piena consapevolezza, ma che appare invece chiarissima dopo l'evento choc, il trauma rivelatore: la caduta da cavallo. L'incontro casuale con una donna, Alberta, che raccoglie il malandato Luca dopo l'incidente e che inizia con lui una strana amicizia, renderà ancora più evidente il bisogno di fuga e di cambiamento del protagonista dalla campagna, dai cavalli, da Anna. Così Luca va a Roma, inseguendo la donna (la libertà). Qui incontra il figlio, ha con lui un dialogo faticoso e frustrante in cui cerca di spiegare al bambino se stesso e le sue scelte (in realtà cerca di mettere a fuoco la sua vita), ma la comunicazione è difficile, i bisogni del padre e del figlio diversi e lontani e questo incontro non aggiunge chiarezza, non apre nuove strade, ne chiude però di vecchie, di già percorse. E a Roma avviene anche l'incontro "fatale": accanto al corpo di Alberta, che ha appena tentato il suicidio, Luca vede Maria Chiara, la sorella dell'infelice amica e capisce come quello sia "il momento" della sua vita.

Nel giro di quarantotto ore decide di abbandonare tutto il suo passato, donna e cavalli, di tornare a vivere in città, di ricominciare da capo, ma soprattutto di amare quella che è, e per la prima volta ne ha la certezza, la donna della sua vita.

Chi conosce e ama la scrittura di Andrea De Carlo ritrova in questo ultimo romanzo i canoni stilistici fondamentali di questo autore. Dialoghi che in realtà sono più rivolti all'interno che al proprio interlocutore, forma semplice ed essenziale, comunicazione delle problematiche attraverso segni, accenni, sintomi, più che elaborazioni verbali e interventi dell'autore. Anche i personaggi appaiono l'evoluzione di quelli dei romanzi precedenti, più maturi, ma ugualmente non integrati e irrequieti, praticamente vari aspetti dello stesso autore che si specchia nelle sue creature letterarie, proiettandovi quelle difficoltà di adattamento all'età adulta e alla società competitiva odierna che di certo lo caratterizzano.

A cura di Wuz.it

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Conosci l'autore

Andrea De Carlo

1952, Milano

Scrittore italiano. Ha viaggiato molto: parte per gli Stati Uniti, abitando a Boston, New York, Santa Barbara e Los Angeles, dove insegna italiano e fa altri lavori che racconterà nel suo primo romanzo.Successivamente si stabilisce in Australia lungo le tappe descritte in Due di due: Sydney, Melbourne e il Queensland. A questo periodo risale la stesura di due romanzi che De Carlo non pubblica, perché li considera "esercizi di ricerca e formazione". Torna in Italia, dove vive a Milano e Roma. Nel 1981 l'editore Einaudi pubblica Treno di panna, già scritto in inglese con il titolo Cream Train. Italo Calvino ne cura la quarta di copertina e diventerà anni più tardi un film diretto da De Carlo (il protagonista è Sergio Rubini), la cui trama riporta...

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